Relazioni al tempo del Trattato di Roma siano riformati e potenziati, per eliminare il detto contrasto, che potrebbe provocare una crisi assai grave dell'europeismo e delle sue istituzioni, delle quali pure si deve riconoscere che hanno consentito alla Europa dei Sei di vantare successi eco~ nomici e « miracoli » vari. Ma questi « miracoli » sono minati dagli squilibri regionali: i quali sono tanto più gravi perché c'è una periferia solo ad Ovest e a Sud dell'Europa, mentre ad Est il manif acturing belt confina pi1ì o meno direttamente con la cortina di ferro. Ed evidentemente non basta la B E I, così come è oggi, a impedire che essi si aggravino, mentre dovrebbero essere ridotti. È vero che la Banca Europea degli Investimenti ha approvato nel 1960 cinque prestiti, dei quali tre riguardano l'Italia meridionale (uno stabilimento di motori Diesel dell'Alfa Romeo, presso Napoli; lo stabilimento siderurgico dell'Italsider a Taranto; uno stabilimento per la confezione di vestiario in Abruzzo) e uno la regione del Basso Roda110 e il Lenguedoc (opere di irrigazione). Ed è anche vero che dei 12 prestiti approvati dalla B E I · a partire dalla sua creazione si può dire che il 93 % interessi le regioni meno sviluppate (38,4 miliardi di lire l'Italia, 16 la Francia, 2,5 il Lussemburgo, 1,5 soltanto la Germania). Ma è vero soprattutto che l'ordine di grandezza di questa operazione è alquanto esiguo in rapporto alle funzioni cui la BEI deve assolvere. Videant consules, dunque, ammesso che nella « Europa delle patrie » si sappia chi siano i consules. E d'altra parte, se sono molti i tabù nazionalistici che devono essere infranti per impostare ed avviare l'auspicata politica europea delle localizzazioni industriali, sono pure molti, ancora oggi, i tabù liberistici: ma non ci dovremo ferrnare davanti a questi tabù, se vogliamo che il liberalismo possa rappresentare una risposta ai problemi del nostro tempo, più efficace di quella che propongono i comunisti. Se la « forza d'inerzia» agisce contro l'esigenza del decentramento, e induce alla « ripetizione delle localizzazioni », altre forze comunque agiscono nel senso di rendere possibile, se non addirittura di facilitare, il decentrame11to delle localizzazioni industriali, specialmente verso le regioni dove sono disponibili riserve di manodopera. E d'altra parte, se vogliamo curare la « iperpolarizzazione » delle correnti migratorie e tutti i mali che derivano dalla congestione demografica, urbanistica, industriale di poche grandi aree, così ai vertici del triangolo industriale padano come nelle conurbazioni del manif ac"turing belt europeo, la prima questione da risolvere è quella di ridurre la forza d'attrazione dei poli tradizionali e di moltiplicare le possibilità concrete di creare nuove occasioni di lavoro nelle zone di partenza delle correnti migratorie. 81 r Bibliotecaginobianco
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