Nord e Sud - anno IX - n. 25 - gennaio 1962

Relazioni vero che i privati « sanno fare i loro conti ». E così può accadere che si esasperi e che si prolunghi, oltre la misura e oltre il tempo che sarebbero ragionevoli, il conflitto fra l'interesse pubblico che richiede decentramenti industriali dalle zone congestionate alle zone sottosviluppate e l'interesse privato che si ostina a considerare più conveniente la cosiddetta « ripetizione delle· localizzazioni ». C'è, infatti, una « forza d'inerzia » per cui si è spesso restii ad impegnare mezzi aziendali ai fini· di un processo d'industrializzazione in regioni più o meno lontane « quando, nelle regioni ,ricine alla sede direttiva dell'imprenditore, tradizioni consolidate e una molteplicità di ben avviati rapporti inducono a credere che gran parte delle difficoltà che sono sempre connesse ai nuovi investimenti siano più facilmente risolvibili; onde, a confronto, erroneamente appaiono di minore rilievo le difficoltà connesse all'immigrazione di manodopera straniera, e lo stesso difficilissimo problema degli alloggi in ambienti geografici che sono ormai caratterizzati dalla superindustrializzazione e dalla crescita smisurata di aree metropolitane» (si veda, nel n. 72-73 di « Nord e Sud», dicembre 1960: Migrazioni e problemi di sviluppo regionale nella Comunità europea, di Francesco Compagna). Si spiega così anche il curioso modo con cui si è avviato in Italia il decentramento industriale dalle grandi città: spostamenti di pochi chilometri fuori delle vecchie cinte urbane, onde un aggravamento degli aspetti patologici dell'urbanizzazione in banlieue e una degradazione degli spazi lasciati liberi e subito rioccupati, spesso da aziende di minore importanza, meno scrupolose nella loro « tenuta » urbana. Il fatto da cui dobbiamo prendere le mosse è comunque questo: oggi il problema del decentramento indusiriale dai distretti tradizionali dell'industrializzazione ai distretti industrializzabili è venuto acquistando un'asprezza e una urgenza di• cui sono testimonianza non solo i provvedi1nenti che sono stati presi per Londra e per Parigi (con relativo successo nel primo caso, con insufficiente decisione nel secondo), ma anche le molte conseguenze della « iperpolarizzazione » di cui si diceva. Ed è un problema che, come dicevamo, si pone sia sul piano italiano che su quello europeo. Sul piano italiano, per quanto riguarda la politica delle localizzazioni industriali, è venuto il momento di domandarsi se non sia il caso di studiare e discutere l'eventualità di adottare provvedimenti del ge., nere di quelli che sono stati adottati per Londra e per Parigi (divieto di localizzare determinati investimenti industriali, quando oltrepassino certe dimensioni, nelle aree metropolitane che suscitano gravi sintomi di congestione, di « ipersviluppo »). E a chi volesse obiettare che Mi- • 79 Bibliotecaginobianco I

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