• Nicola Tranfaglia affermativo. La Costituzione e le successive leggi costituzionali del '48 e del '53 sono chiarissime su questo punto. La Corte, nei suoi giudizi, deve tener conto esclusivamente della conformità delle leggi alla Costituzione: se al giudice ordinario spetta di solito garantire la osservanza delle norme ordi- ·narie, alla magistratura costituzionale è conferito il compito di salvaguardare il rispetto della legge fondame11tale dello Stato al di sopra di ogni altra esigenza prevista dal nostro ordinamento giuridico. Non esiste, a questo proposito, disputa in dottrina e in giurisprudenza: è un punto accettato, praticamente, da tutti. L'obiezione più comune è che le cose cambino quando,, come in questa occasione, si tratti non di una norma, ma di un intero istituto, come quello del diritto di famiglia, che sia i11 contrasto con il dettato costituzionale. Ma l'argomento si rivela estremamente debole solo che si pensi che il prevalere della norma costituzionale su quella ordinaria non può dipendere - ovviamente - da variazioni di carattere quantitativo. È chiaro, del resto, che una dichiarazione d'illegittimità dell'art. 559 avrebbe dato l'avvio, prima di tutto, a giudizi di costituzionalità per tutte le altre norme legate a· quel principio; e, successivamente, con l'intervento del Parlamento, a una nuova sistemazione dell'istituto familiare. Conseguenze rivoluzionarie, queste, per la vita sociale del nostro paese. In realtà, solo un adeguamento di leggi al testo costituzionale: il che - è perfino superfluo ricordarlo - rientra nei doveri fondamentali del potere legislativo. A meno che deputati e senatori, di fronte alla sentenza d'illegittimità della Corte, avessero preferito, attraverso una legge costituzionale, approvata con speciali garanzie, modificare gli articoli 3 e 29 della Costituzione e lasciare in piedi i principi su cui si basa l'attuale legislazione. Ipotesi, a nostro avviso, altrettanto legittima e costituzionalmente accettabile. Certo, nel periodo di tempo intercorrente tra i vari giudizi di legittimità e la revisione parlamentare si sarebbe creata una situazione anormale, con l'abolizione di alct1ne leggi o il persistere di altre ispirate ai medesimi principi delle prime; ma un tale inconveniente, già più volte verificatosi per la assai scarsa sollecitudine mostrata dal Parlamento nel raccogliere gli inviti dei giudici costituzionali, deriva dal sistema di « sindacato incidentale» (legato, cioè, al caso coricreto) adottato per la giustizia costituzionale e non da caratteristiche particolari della controversia. La Corte, in conclusione, avrebbe potuto, senz'alcun dubbjo, dal punto di vista costituzionale, scegliere ·1a strada da noi indicata. Se ciò non è avvenuto, è solo perché altre ragioni l'hanno impedito, spingendo i giudici a dichiarare costituzionale l'articolo 559 c.p. Queste ragioni sono chiaramente spiegate nella motivazione della sentenza. I « saggi» della Consulta hanno messo l'accento sull'ultima parte dell'art. 29 cost., cioè sui limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. Ed hanno ritenuto che la norma sull'adulterio, se non le· altre che si trovano nel codice civile vigente (per le quali si potrà, quindi, proporre giudizio di legittimità), è una doverosa eccezione al principio d'eguaglianza, sancita appunto per la salvezza dell'unità familiare. E, poiché l'interpretazione 56 Bibliotecaginobianco
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