Giuseppe Ciranna gione politica che è dominata dalla preoccupazione del ristabilimento della autorità dello Stato a tutti i costi, a prezzo di concessioni continue ad una tradizione che sarebbe stato meglio lasciar perdere, a prezzo di concessioni a metodi e concezioni che sono inconciliabili con la filosofia politica ed il corretto costume democratici; metodi e concezioni che, manco a dirlo, piacciono alla destra politica ed economica. Paradossalmente, la restaurazione dell'autorità in Italia va di pari passo con il processo di scadimento del senso dello Stato. Questo ha cominciato a venir meno quando, per un malinteso calcolo politico, si è creduto di dover mettere al riparo dalle critiche l'apparato politicoamministrativo statale per accrescerne il prestigio e l'efficienza. Su questa china è stato poi difficile arrestarsi; e poi il carattere di guerra di religione che la lotta politica ha assunto in Italia ha fatto il resto. È certo che lo Stato e la situazione politica italiana hanno cominciato a gravitare a destra quando si è confuso il problema della vera autorità, che nasce dal consenso dei più verso le istituzioni, con la questione del prestigio delle istituzioni da difendere a torto o a ragione; quando una nuova forma di « ragion di Stato » ha fatto la sua apparizione ed ha dominato i rapporti tra i cittadini e la cosa pubblica: diciamo di più, ha dominato i rapporti tra i governi e le opposizioni, al punto che i primi hanno visto in ogni critica, anche la più legittima e la più giustificata dalla realtà dei fatti, un pericolo per le proprie fortune politiche, identificando se stessi con lo Stato tout-court. Gli esempi, gli episodi in cui un tale ·costume si è manifestato in tutti gli anni dopo il 18 aprile, non si contano; basta del resto riferirsi ad alcuni dei più clamorosi. Tutti ricordano che tra i più gravi problemi del dopoguerra c'era quello della lotta al banditismo siciliano; ma tutti sanno che l'eliminazione del bandito Salvatore Giuliano, che il paese chiedeva a gran voce, fu possibile all'autorità soltanto dopo che venne a patti con l'ambiente locale. Già questo comportava una diminuzione di prestigio, rivelava una tendenza al compromesso sommamente riprovevole quando sono in gioco i principi stessi su cui si regge la convivenza civile e che non si possono barattare per un calcolo di convenienza di partito. Ma l'aspetto più grave dell'episodio si ebbe nel momento in cui il ministro dell'Interno, l'on. Scelba, avallò con il suo nome una versione di tutta l'operazione che si doveva rivelare poi inesatta: e ciò davanti al Parlamento! Del resto, non è il primo, questo, e non è nemm~no l'ultimo dei peccati di Scelba ministro dell'Interno, dell'esponente democristiano che ha coltivato l'ambizione di legare il suo nome proprio alla restaurazione dell'autorità e del prestigio dello Stato .. Dobbiamo ricordare, 18 BibliotecaGino Bianco
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