• Marco Cesarini Sforza tura, grandi avvocati democratici, giornalisti e scrittori-testimoni. Fu durante quel dibattimento che, pur sentendosi impegnati a difendere gli imputati, molti presero coscienza d'una certa astrattezza e faciloneria della « sinistra » italiana rispetto alla questione m~ridionale. Di fronte alla vaghezza di quelle testimonianze, molti compresero che era tempo di andare a guardare le cifre, le statistiche. Mi torna in mente un aneddoto di quei giorni. Uno scrittore-testimone stava dicendo alla Corte che nell'azione di Dolci era « contenuto un messaggio ». « Un messaggio? - i11terruppe candidamente un giudice - Agli atti non ce n'è traccia! ». C'era da doma11darsi chi avesse ragione, se il teste letterato o il magistrato ingenuamente realista, visto che il problema meridionale non aveva e non ha bisogno di « messaggi », ma di operazione di strategia finanziaria e politica a livello scientifico. Chi aveva ragione? Quella confusa e impaziente « sinistra» degli anni cinquanta, che voleva non si sa bene cosa, 1na la voleva subito (nel caso specifico una diga sullo Jato, ma dove esattamente e con quali finanziamenti?), o per esempio il funzionario della Cassa del Mezzogiorno che, intervistato, mi diceva che non esistevano neppure le carte geologiche delle regioni meridionali, sicché pri1na di poter progettare una diga sarebbero dovuti passare ancora anni e anni di lavoro? C'era, insomma, da combattere su .due fronti: .contro il « tempo· lungo », la pratica degli interve11ti frazionati, la mancanza di un piano generale, le intrusioni degli interessi settoriali e personali; ma anche contro la faciloneria, le impazienze e la retorica di certa « sinistra », risolventisi da ultimo nel solito inganno, come quando, al tempo dei Comitati .di Rinascita, il deputato andava a X; a dire che lì doveva sorgere una fabbrica e, il giorno dopo, era ad Y, a fare la stessa promessa. Tutta la cultura ufficiale· era del resto in enorme ritardo rispetto alla realtà. I pittori neorealisti continuavano ad esporre grandi tele che volevano rappresentare l'occupazione delle terre. Erano quadri assai curiosi, per uno che avesse vissuto quella vicenda, già completamente conclusa e appartenente ad un passato addirittura archeologico quando fu cominciata ad essere tradotta in termini di fantasia. Questi strani pittori ci presentavano folle improbabili, scalze e mal vestite: non sapevano, per esempio, che i con~adini, quando alla domenica andavano ad occupare le terre, si mettevano addosso i loro abiti migliori e scendevano in corteo ordinato e tranquillo, niente affatto romantico, tutti con le scarpe ai piedi e le camicie di bucato. L'inviato speciale fa vari mestieri: una volta andai ad occupare una gran collina ai margini della provincia di Cosenza, un'altra volta passai tre giorni nelle tende dei contadini del Sassarese, ,che s'erano - portati in carovana, 120 \ Bibliotecaginobianco
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