Nord e Sud - anno IX - n. 25 - gennaio 1962

• Marco Cesarini .S. forza dure coscienze, scoperchiava abissi d'odio che da noi, lassù, tra le pingui pianure, anche le vecchie plebi, anche il quarto stato dipinto da Pelizza da Volpedo, non avevano mai nascosto. Adesso mi pare un miracolo che l'Italia abbia: potuto evitare una jaquerie meridionale e che in quegli anni tanto difficili i cafoni pugliesi e calabresi non si siano riversati in massa sulle città, armati di forche e di coltello. A ben guardare, la parola d'ordine « la terra ai contadini » ebbe, tutto sommato, un significato e un risultato conservatore e addormentatore, come quella che, nella speranza, radicò tutte le impazienze al luogo natale e alle modificazioni interne al sistema tradizionale. Cosa sarebbe successo in Italia, se la grande fuga dal Mezzogiorno e dalle campagne verificatasi a partire dagli anni cinquanta, quando la gente si rese conto che la terra ai contadini, anche se fosse stata tutta quanta distribuita, non avrebbe risolto il problema, c~e cosa sarebbe accaduto se quell'esodo verso l'industria e la città si fosse verificato cinque o sei anni prima? Ma quella parola d'ordine alimentò speranze di soluzione che sembravano ancora raggiungibili all'interno del vecchio sistema e dello schema tradizionale. La terra ai contadini ·era una rivendicazione di giustizia, entro il quadro esistente, non di rivoluzione e di eversione, e come tale, tutto sommato, l'accolsero e l'elaborarono i grandi partiti. È difficile dire oggi se la riforma agraria fu un'illusione o un inganno coscientemente teso alle popolazioni meridionali. Sta di fatto che, tra il 1948 e il 1950, era perfettamente chiaro, a quanti s'interessavano ai problemi di sviluppo, che il reddito agricolo era destinato a perdere di peso specifico, che il costo di qualsiasi riforma agraria sarebbe risultato esorbitante rispetto alla sua resa in termini economici e che, da ultimo, i problemi delle aree sottosviluppate erano risolvibili soltanto in termini di industrializzazione. Non esisteva del resto, da Napoli in giù, una sinistra democratica e moderna, e ad andare ~ parlare in quegli anni ag]i intellettuali meridionali di esperienza Roosevelt e di Tennessee Valley Authority, cioè di rivoluzioni reali, strutturate sul rinnovamento delle forme produttive, c'era da essere presi per reazionari. La parola d'ordine conservatrice della terra ai contadini, del resto, si accompagnò presto a un movimento culturale dello stesso segno, trovando per così dire il suo equivalente letterario nella fortuna che, in quegli anni, ebbe certa retorica meridionalistica della « civiltà contadina », nelle sue ingenue forme poetiche da una parte, nelle furbesche ricerche di feudi di sfruttamento politico e culturale dall'altra. Si cominciò a discutere di ciò che bisognava salvare, in un mondo che, al contrario, era tutto da rovesciare,' da radere al suolo senza pietà: 114 Bibliotecaginobianco

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