Nord e Sud - anno IX - n. 25 - gennaio 1962

Recensioni di 11 addetti (cfr. op. cit., p. 37, e Appendice II, p. 168); il Bruni invece, utilizzando le informazioni del censimento italiano del 1951, include nel calcolo tutte le imprese, anche quelle aventi da 1 a 10 addetti. Questa inclusione di irn.prese aventi carattere sostanzialmente artigianale, ·che presumibilmente sono distribuite piuttosto omogeneamente dal punto di vista geografico, rende i coefficienti di concentrazione calcolati dal Bruni necessariamente minori di quelli calcolati dal Sargant Florence, e accresce l'aleatorietà dei raffronti. Ma anche prescindendo da questi dettagli tecnici, sulla cui portata è difficile pronunciarsi a priori, ciò che colpisce nell'analisi del Bruni è la piena fiducia riposta nella possibilità di comparare, in base alla semplice analogia formale dei metodi statistici impiegati, risultati relativi a mondi così diversi come quelli dell'industria italiana e anglo-americana. Qui ci sembra di trovarci dinanzi ad una questione più generale di metodo: è ragionevole applicare ad occhi chiusi un metodo statistico identico a situazioni strutturali profondamente diverse, e trarne conclusioni attendibili? La risposta, almeno nella generalità dei casi, deve essere negativa. Ogni metodo statistico assume significato diverso a seconda della situazione economica cui viene applicato, ed ogni situazione economica richiede strumenti di analisi diversi. Lo strumento statistico non è un attrezzo che viva di vita propria tanto da poter essere applicato a qualsiasi situazione concreta; piuttosto è la conoscenza della situazione concreta che aiuta a scegliere lo strumento necessario ad analizzarla. Tutto sommato, i caratteri che il Bruni prende in esame sono appena tre: numero di addetti, potenza media installata, e concentrazione territoriale. Mille altri caratteri contraddistinguono una struttura industriale, dal grado di specializzazione, a quello di integrazione, alle tecniche produttive adottate, al grado di standardizzazione dei prodotti, e via dicendo. L'industria italiana potrebbe essere radicalmente diversa da quella anglo-americana per tutti questi aspetti, e in tal caso ben poco significato avrebbe la eventuale coincidenza nei rapporti fra concentrazione territoriale e dimensione degli impianti. Inutile dire, infine, che queste osservazioni marginali nulla intendono sottrarre ai meriti dell'Autore, che, come si è detto, ha condotto la ricerca con scrupolo e precisione ineccepibili. Si tratta, come ognuno può vedere, di questioni largamente opinabili, e del resto l'Autore avrà modo di apportare alla sua opera ogni sorta di ritocchi, in una seconda edizione, che non potrà mancare non appena saranno resi di pubblica ragione i risultati del censimento del 1961. AUGUSTO GRAZIANI 109 Bibli~tecaginobianco

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