Nord e Sud - anno IX - n. 25 - gennaio 1962

Recensioni dosi dal tempo lavorativo al tempus vacuu1n; l'individuo appare più meritevole d'interesse durante le ore che sono tutte per lui, anziché nello spazio della giornata che egli deve spendere al servizio altrui, per procacciarsi i beni necessari al sostentamento proprio e dei familiari. Finché, infatti, lavoriamo in fabbrica, in tribunale, in scuola, procediamo, dopo tutto, secondo dei moduli o dei canoni predisposti in precedenza, ai quali dobbiamo uniformarci; il margine di iniziativa a noi concesso, insomma, risulta assai esiguo e ristretto. La situazione muta, invece, in maniera notevole, quando, terminata la giornata lavorativa, ciascuno è libero di fare ciò che più gli piace, e - tra chi si reca ad una pubblica biblioteca; chi al campo sportivo; e chi alla casa della fidanzata - dimostra veramente le sue capacità e le sue inclinazioni. Di qui, ancora, la necessità che il tempo libero sia - ci si perdoni il bisticcio di parole - veramente libero, che, cioè, non intervengano costrizioni o suggestioni di varia specie, nel proposito di indirizzarci verso una forma di attività ricreativa, a preferenza di un'altra; in altre parole, la opportunità che sia proibita qualsiasi intromissione da parte dei poteri centrali - come avviene negli Stati totalitari - nelle ore che sono tutte nostre e che debbono rimanere tali. Nel libro di Gianni Toti sono prospettati tutti i problemi ai quali abbiamo accennato - ed innumeri altri di varia specie, che non possiamo qui affrontare per necessità, se non altro, di spazio - ed in maniera assai più compiuta ed esauriente che non sia a noi concesso. Resta, tuttavia, da dire, come abbiamo già accennato, che il libro, allorché si passa dalla parte storica ed espositiva, alle prospettive per il futuro, appare viziato da una tara d'origine. L'autore - che è di osservanza comunista - ravvisa nella dicotomia tra tempo lavorativo e tempo libero, che è un contrasto insanabile, alla pari del dissidio bene-male, giorno-notte, nero-bianco, un contrasto proprio soltanto di questa nostra manchevole e insoddisfacente società capitalistica. Contrariamente a quanto accade nella società capitalistica, dove il lavoro è una merce di scambio ed avviene l'alienazione dell'individuo, la società comunista segnerebbe, invece, il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà; tutti i lavori diverrebbero liberi e creativi; l'opposizione di tempo lavorativo e tempo libero non avrebbe più alcun significato; e tutto il tempo, anzi, sarebbe liberato. Senza dubbio, la partecipazione dei lavoratori - che oggi sono su posizioni marginali - alla vita della fabbrica, la loro immissione nel processo produttivo, cioè in un atto al quale oggi, nella loro condizione di salariati, sono in gran parte estranei, avrebbe quale conseguenza di far sentire l'opera compiuta come qualcosa di maggiormente creativo e psicologicamente remunerativo. Ma il lavoro, tanto in America come in U.R.S.S., presenta ognora le medesime caratteristiche: di essere dopo tutto sgradevole, di esigere uno sforzo, un impegno, una lotta contro la natura, che dobbiamo piegare alla nostra volontà, o contro noi stessi, contro la nostra pigr1z1a, contro le tendenze, insite in noi, che vorrebbero 103 Bibliotecaginobianco

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