Nord e Sud - anno VIII - n. 23 - novembre 1961

(senza voler generalizzare al di là del continente europeo e del secolo XIX) - sono piuttosto guardingo verso ogni sforzo teso a mostrare troppo ordine, per così dire, nello sviluppo: prima' verrebbero sodqisfatti determinati prerequisiti, poi avrebbero luogo determinati mutamenti strutturali; si farebbe una epurazione, una eliminazio11e delle cose che 110nstanno al loro posto; scomparirebbero le industrie domestiche e le formazioni preindustriali e il campo diventerebbe pronto per l'industrializzazione. Fino a un certo punto, un'opinione del gener~ è forse senz'altro possibile; ed appare certamente assai logica. Io stesso ho affermato che la sparizione delle vecchie banche rappresentò un passo avanti e favorì il futuro sviluppo. Ma per quanto riguarda i mutamenti strutturali dei quali ha parlato il prof. Romeo, e in particolare l'eliminazione dei piccoli artigiani, dell'industria domestica, delle formazioni pre-industriali, non è sicuro, almeno per me, cl1e in condizioni di considerevole arretratezza questo sia proprio ciò di cui un paese ha bisogno affinchè vi si produca un rapido sviluppo. Tale era senza alcun dubbio il caso di un paese come l'Inghilterra: la rivoluzione industriale inglese soprav-· venne essenzialmente come una rivoluzione nel campo dei tessili, come l'età dei tessili; e l'industria tessile aveva dietro di sè una lunga storia di sviluppo : artigiani singoli, artigiani riuniti in corporazioni, mercanti imprenditori, e così via. L'industria moderna, la fabbrica' moderna, doveva combattere contro tutte queste formazioni preindustriali prima di potersi affermare. Ora, un grande vantaggio di un paese più arretrato (l'Italia si fece avanti un centinaio di anni dopo il cc grande scatto » in Inghilterra) è dato dal fatto che esso può incanalare il suo maggiore sforzo industriale in settori in cui non vi siano formazioni preindustriali o almeno ve ne siano ben poche. Nel grande settore della meccanica o nell'industria chimica, ma soprattutto nella meccanica veramente non vi erano formazioni preindustriali; il campo era aperto. E se invero l'Italia si interessò tanto_ dello sviluppo dell'in-dustria tessile, la mia personale opinione è che si fece con ciò una cosa non del tutto normale e che ciò era la consegu·enza di una malconsigliata politica protezionistica del governo italiano, una politica che, a mio avviso, era, dal punto di vista dello sviluppo del paese, profondamente errata. Credo, a11zi, che lo stesso giudizio sia valido in buona parte anche per l'industria del ferro e dell'acciaio. Capisco, invece, che vi erano problemi politici, ambizioni politiche ed anche idee, prevalenti in quel periodo, circa la posizione dell'Italia come gran,de potenza. Tutto ciò è senz'altro vero, ma, se ci è 49 . Bibliotecaginobianco

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