Nord e Sud - anno - VIII - n. 22 - ottobre 1961

I sante per noi francesi, che andiamo, forse, ver~o il dispotismo, forse verso la repubblica, ma sicuramente ·verso una democrazia senza limiti ». Ma nel novembre 1831 sono già trascorsi più di sei mesi dall'arrivo negli Stati Uniti, e Tocqueville ha già visitato lo stato di New York e la regione dei Grandi Laghi, ha fatto una rapida puntata nel Canadà, ha viaggiato nel Massachusetts, nel Connecticut, nella Pennsylvania, si è affacciato verso le valli del mitico Ovest: ha, insomma, già avuto il tempo e gli elementi di una riflessione più pacata, oltre che l'opportu- ·nità di liberarsi delle sue più .gravi prevenzioni. Nelle prirr1e settimane, invece, a scorrere le note di viaggio o le lettere, si vede subito come queste prevenzioni occupavano lo spirito del viaggiatore: gli Stati Uniti erano t1n paese in preda ad un'instabilità vertiginosa e sovvertitrice, privo di un governo effettivo ed efficiente e di un'amministrazione regolata da un'idea centrale e valida dovunque; e gli americani non si occ11pavano affatto di politica, lasciavano che i pubblici negozi fossero trattati da un personale dirigente mediocre e corrotto, pensavano soltanto ai loro affari personali e ad accumul~re ricchezz·e. Dov'era, dunq11e, la virtù che, come Montesquieu aveva insegnato, era l'elemento dominante ed il cemento delle repubbliche? Il 29 maggio 1831, e quindi meno di un mese dopo aver toccato il suolo americano, Tocqueville poteva scrivere nei suoi appt1nti: cc il principio delle repubbliche antiche era il sacrificio dell'interesse individuale al bene generale. Il principio di questa mi pare consistere nel far rientrare l'interesse individuale in quello generale. Una sorta di egoismo raffin·ato ed intelligente sembra il cardine su cui gira tutta la macchina. Questi uomini non si preoccupano molto di indagare se la virtù pubblica è buona, ma pretendono di dimostrare cl1e ess·a è utile. E se quest'ultimo fatto è vero, come in parte credo, la società americana può essere una società illun1inata, ma non è certo virtuosa ». Più tardi, in alcune note preparatorie del libro, scoperte da p-oco e pubblicate solo l'a11no scorso, Tocqueville tornava sull'argomento: l'autore dell'Esprit des Lois, egli scrive, aveva inteso per virtù il controllo morale che l'uomo esercita su se stesso per non violare il diritto altrui; ma questa virtù. può essere conseguenza tanto di una forte. -disciplina etica quanto di un calcolo. E la diversità del movente, che è importante per un moralista, non ha molto interesse agli occhi dello scienziato della politica, cpe guarda ai fatti e non alle intenzioni: cc in America non è la virtù che è grande, è la tentazione che è piccola: e il risultato è il medesimo. Non è il disinteresse che è grande, ma è l'interesse che è bene inteso; e ancora 88 • ,. 'Bibliotecaginobianco 1

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