f I ((Cassa » di lasciare completa libertà alla iniziatiya privata ed alle aziende di Stato per ciò che concerne le localizzazion.i e i più rigidi vincoli che potevano essere previsti nel quadro dello schema Vanoni e della sua proiezione nei piani regionali, si è andato attenuando; e ciò può essere ascritto a merito dell'on. Pastore e dei suoi colla_boratori. Quello eh-e è, però, ancora da definire rimane il rapporto tra i vari organ.i dello Stato, e in particolare Ministero dell'Indt1stria, Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno e Ministero delle Partecipazioni, 1Jer ciò che concerne il problema della localizzazione delle industrie nel quadro dei programmi elaborati da ciascuno di essi. L'esistenza di un << problema nel problema » è stata più volte osservata a proposito degli agglo1nerati urbani del }vlezzogiorno (Palermo, Taranto, Bari e sopratutto Napoli). Ma, tranne le rivendicazioni municipalistiche e prive di un qualsivoglia sostegno di fatti, l'attenzione delle forze politicl1e si è finora assai poco soffermata su questi aspetti della questione d.el Mezzogiorno, forse a causa della vastità delle difficoltà da affrontare. Pure, tali problemi, di fronte ad 11ngenerale progresso del Mezzogiorno, tendono a divenire relativa1nente più gravi e ve11gono riflessi in situazioni politiche come quelle di Napoli e Palermo, ove il regime democratico subisce le prove più dure. Il caso di Napoli comunque è certamente il più grave: nel suo retroterra si concentrano circa 3 milioni di abitanti co11densità demografiche tra le più elevate d'Europa: qui, però, a differenza delle altre zone del Mezzogiorno esisteva già un a1Jparato industriale essendovi concentrate quasi tutte le indt1strie protette del Regno delle due Sicilie (ad esempio nel 1860 Napoli superava Milano per potenza installata); e negli anni successivi ebbe luogo un processo di « disindustrializzazione », dovuto all'affermarsi sul mercato nazionale di industrie più sane e vitali di quelle borboniche. Tale processo si è sfortl1natamente ripetuto dopo la 2a guerra mondiale, quando le i11dt1strie I R I concentr0,te a Napoli, e specializzate nella produzione belHca, vennero ridimensionate o smantellate. Anche se in percentt1ale notevole gli investimenti dell'ISVEIMER si sono concentrati nella zona di Napoli, essi non hanno avuto che un carattere parzialmente surrogatorio rispetto alla crisi del settore I R I e hanno sostituito industrie -di dimensioni notevoli con altre _certamente -di importanza minore. Con ciò non si vuol negare la necessità di t1na riconversione dell'apparato I R I per metterlo in condizioni di competitività: il fatto è che tale riconversione è avvenuta senza tenere conto alcuno delle esigenze di localizzazione delle industrie in rapporto ad uno sviluppo economico equilibrato e si è perciò realizzato a tt1tto detrimento dell'economia napoleta11a. . Si colloca in tale situazione anche il recente problema dell'amplia1nento dello stabilimento Ilva (ora Italsider) di Bagnoli. I piani della Finsider prevedono la concentrazione della produzione dell'acciaio nei quattro stabilimenti di Cornigliano, Pio1nbino, Bagnoli e Taranto. Nel s·ibliotecaginobianco
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