correnti della cultura antifascista. Nel 1947 il governo tripartito della democrazia cristiana, del partito socialista e del partito comunista abrogò ufficialmente, con un decreto-legge, la legislazione radiofonica del ventennio fascista. Tuttavia la nuova regolamentazione mantenne in vita parecchio del precedente sistema. Vennero meno, naturalmente, le norme smaccatamente totalitarie, come quelle che vietavano la trasmissione di notizie provenienti da fonti diverse dall'agenzia del governo, e, nel caso di programmi d'interese locale, di quelle prive del visto dell'autorità politica competente; ma i rapporti tra il governo e la società concessionaria - alla quale venne riconfermata la concessione in esclusiva - furono regolati sì da conservare al primo gran parte dei suoi poteri di controllo. La sola novità fu l'istituzione di una commissione parlamentare di vigilanza per garantire l'indipendenza politica e l'obiettività informativa della società, ora denominata Rai. Senonchè le vicende di questi anni hanno dimostrato (cfr., oltre lo studio già citato, gli a1ticoli di Ernesto Rossi pubblicati il -6, il 13 e il 20 gennaio 1959 dal « Mondo », e lo studio di Liliana Treves apparso nel n. 3 del 1958 della rivista cc Il politico »), che la commissione ha poteri troppo scarsi rispetto a quelli del governo. Basti pensare che c'è una norma (quella introdotta da una convenzione tra lo Stato e la Rai, che il governo ha stipulato nel 1952 in sede amministrativa, ossia senza . interpellare il Parlamento), che autorizza il governo, su richiesta della società concessionaria, a dare alla medesi~a istruzioni s~lla trasmettibilità o meno di notizie cc capaci di pregiudicare i rapporti internazionali o il credito dello Stato, o interessi di carattere generale ». La portata della norma può essere meglio intesa se si tien conto che il presidente, il vice presidente, il consigliere delegato, il direttore generale della società concessionaria sono nominati dal governo; che nel consiglio d'amministrazione di questa siedono per legge sei rappresentanti' di altrettanti ministeri; e che dal 1952, essendo la maggioranza assoluta delle azioni della Rai passata in proprietà all'Iri, anche la maggior parte degli azionisti è designata, sebbene non ufficialmente, dal governo. Di fronte a questo stato di cose, in virtù del quale il potere esecutivo ha in mano tutte le l~ve, da quelle politiche a quelle finanziarie, per dare alla Rai l'indirizzo che gli è più conveniente, i poteri della commissione di vigilanza appaiono addirittura evanescenti. Del resto questi poteri di fatto non vengono nemmeno esercitati, perchè la commissione riproduce in piccolo i rapporti di forza esistenti nel Parlamento, e non si è 18 BibliotecaGino Bianco
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