Tocqueville, insomma, il liberalismo· non è, come pei dottrinari, l'esercizio di certi diritti garantiti, da un sistema istituzionale ingegnosamente studiato, ad u11ristretto numero di persone; e non è neppure soltanto, come per Constant e per altri, una dottrina dell'individualismo; ma_ è qualcosa di più. Egli sente che nella libertà v'è un dinamismo perennemente liberatore, una forza operosa e creatrice, che non accetta di fermarsi perchè fermandosi rinnegherebbe se stessa. Certo, nelle sue opere è difficile trovare una formula filosofica che contenga 11na simile definizione della libertà; ma è, altresì, vero cl1e è facile mostrare che tale era, pt1r senza precise definizioni, il senso profondo della sua concezione liberale. Nessuno ha sottolineato come Tocqueville il contrasto tra il dispotismo paralizza11te e sostanzialmente distruttore, nel suo ordine apparente, e l'infinita capacità produttiva -della libertà; nessuno è mai tornato tante· volte e con tanta energia sul principio che la libertà è la sola forza veramente generatrice· di libertà e dunque dell'autentico benessere morale, delle virtù alte e virili; e ancora n-essuno ha insistito con tanta chiarezza sul fatto che solamente un regime -di libertà è ca- ' pace di apportare agli uomini anche il benessere materiale. cc È certo - si legge nella Démocratie en Amérique - che il dispotismo rovina gli uomini impedendo loro di produrre, più che toglienclo i frutti della loro attività: esso fa inaridire la fonte delle ricchezze e spesso rispetta la ricchezza acquisita. Per contro, la libertà genera mille volte più beni di qt1anti non ne distrugga; e presso i popoli che vivono sotto il suo impero le risorse di tt1tti crescono sempre più rapidamente ». Ma la libertà resta per Tocqueville innanzi tutto un'etica, una sorta di istinto morale innato, fatto di bisogno vitale di creazione, di gusto dell'indipendenza propria e di passione nobile e virile per la libertà di tutti e per la -dignità umana. Per questo il suo liberalismo cresce a visione del mondo e della vita: e nulla mi pare che lo dimostri meglio della sua polemica con Gobineau, l'autore famoso del saggio sulla disuguaglianza delle razze umane. Il ragionamento di Gobineau pareva a Tocqueville una sorta di dottrina della predestinazione: in quella scala -di razze che degenerano o si purificano, che perdono o acquistano talune capacità, secondo che conservano puro il sangue originario o lo mescolano con quello di altre stirpi, v'era un determinismo ferreo, che sopprimeva completamente il libero arbitrio. Invano Gobineau si difendeva dall'accusa di materialismo: cc che la fatalità - obiettava Tocqueville - sia posta direttamente in una certa costituzione della materia o nella mente di Dio, cl1e ha voluto_ vi fossero n11merose razze nel ge104 · ibliotecaginobianco
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