Giuseppe Raimondi. Ma Moravia replica che se ciò « si può dire di un Rimbaud che abbandona la poesia per l'avventura o di 11n Tolstoi che abbandona la prosa' per la predicazione, non vale per un D'Annunzio, per u11Byron, per un 11alraux e per un Hemingway ». In che modo interpretare allora questa deviazione cl1e, prima dell'800, come avverte Moravia, si verificò solo in casi eccezionali (Cellini e Villon) se non come un fatto culturale e, cioè, prescinde11do da·ll'eccesso di vitalità? cc Ora - conclude Moravia - questo fatto culturale è il vita'lismo decadentistico il quale d·opo aver ispirato l'opera, logicamente trabocca nella vita » • Un'analisi di questo tipo implica, ovviamente, una spiegazio·ne critica delle affinità tra Hemingway e gli illustri esponenti del decadentismo europeo che gli sono stati avvicinati. E la spiegazione viene indicata da Moravia in u-no « dei caratteri più -significativi della letteratura ·americana moderna » per cui cc ad un massimo di carica vitale corrisponde 110n di rado un minimo di bagaglio culturale ». Per questo sentiero gli Hemingway finiscono per sboccare nel decadentismo più pericoloso e più raffi-nato di marca europea, quello di D'Annunzio e di Malraux. Con D'Annunzio - seco11do Moravia - l'autore di For whom the bell tolls ha in comune cc l'ambizione di creare il mito di se stesso, ossia di edificare non soltanto con la letteratura ma anche e soprattutto con una scelta tendenziosa di modi d'azione... t111piedistallo al proprio monumento mitologico >>. Con Malraux, invece, Hemingway ha in comune cc l'ambizione di interpretare e vivere i grandi movimenti rivoluzionari moderni in cl1iave individt1alistica, superomistica, niecciana ». Come abbiamo già avvertito l'intervento critico ·di Moravia, discutibile quanto si vuole, ma serio e pensato, ha sollevato quasi uno scandalo. . Si è trattato - è bene avvertirlo - .di t1na sollevazione appoggiata a motivi poco sostanziali. Se11zaa1Tivare a quel monumento di ipocrisia e di convenzionalità che è la lettera all' cc Espresso » di Giancarlo Vigorelli e pur limitan-doci alle repliche più serie, come quelle di Bassani, di Rago, di Raimondi e di qualche altro, non si può non co11cludere sulla mancanza in esse di prospettive da contrappo1re all'analisi di Moravia. Per Bassani, au fond il mondo ha avuto maggior pietà per la m-o~tedi un grande esibizionista, Pasternak, finito « come un angelo di Giotto, con .donne e discepoli ploranti attorno e angeli accennanti dal cielo ... »; eppure la sua religione non era più vera di qu·ella di Hemingway (cc vera l'una e vera l'altra, per parafrasar Noventa, a secon-da dei giorni ... »). Tuttavia, n1algrado questi rilievi, Bassani finisce per consentire con la diagnosi di Moravia pur non approvandone il tono. Per .Rago c'è, invece, una grossa differenza tra D'Annu·nzio e Hemingway, perché il primo portava in sè l'animo di cc un signorotto del Rinascimento » ed il secondo era « un moderno uomo am-ericano ». No·n c'è dubbio che il parallelo con 'il maggiore esponente del decadentismo italiano va preso- cum grano salis; del resto Io stesso Moravia, nel suo secondo articolo sull' cc Espresso » ha precisato questo parallelo nel senso 75 Bibliotecaginobianco
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