stica e s·cientista del mito e della vita religiosa, concepiti come forme imperfette e révolues di attività intellettuale, si è orientata ·verso il riconoscimento di autentiche motivazioni esistenziali del mitico, del sacro, der simbolico, offrendo loro pieno riconoscimento di quell'universo dei valori culturali, che altri tendono a restringere al solo pensiero razionale. Questo rilancio del mito, a cui hanno contribuito etnologi, storici delle religioni, filosofi; sociologi, psicologi, trova riscontro nell'arte figurativa, come nella musica moderna; mentre, in letteratura, gran parte dell'opera di un Mann, di un ~liot, di un Lawrence non si comprenderebbero al di fuori della esperienza delle mitologie primitive, che essi andavano apprendendo dall'etnologia contemporanea, e soprattutto dall'opera di J ames Frazer che suggestionò anche il nostro Pavese. In questa situazione di cultura è necessario collocare, per meglio chiarirne i motivi, l'opera recente del nostro Riccardo Barletta, a cui invidiamo di avere all'attivo un bel volume, da lui stesso curato con gran gusto nella veste editoriale, frutto delle ricerche che va conducendo sull'arte contemporanea, con originalità di impostazione e di indirizzo (R. BARLETTA, La cc natura artificialis » e il limbo interiore - Saggi sulla pittura di Sergio Fergola, Napoli, Montanina Editore, 1961). Protagonista del libro è il mito. Il mito inteso come mezzo per risolvere o per aiutare a risolvere la « crisi esistenziale » del nostro tempo, come una forma di riscatto da una situazione angosciosa, come cc una risposta culturale che emerge da una crisi antropologica », per dirla ·col Cantoni. Nei momenti più critici, quando la vita dell'uomo assume caratteri drammatici e si cond-uce in una terra di nessuno, in una soluzione di continuità fra un mondo ormai defunto ed uno che ancora non è, il mito .rivela la possibilità demoniaca di · una civiltà, il punto cruciale nel quale una civiltà non sa più dire se è civiltà o barbarie, come sta a ricordarci la citazione emblematjca di un dialogo tra Serenus Zeitblom e Adrian Leverkiihn. La cc crisi dell'uomo >> si svolge però tra le quinte di una crisi più vasta, quella della natura. Noi abbiamo assistito alla morte di un mondo vecchio e non scorgiamo ancora le sembianze del nuovo; noi abbiamo assistito, quando non abbiamo collaborato, alla distruzione della cc natura naturale », ma non conosciamo ancora il potenziale negativo della cc natura artificiale ». Il contrasto fra le due cc nature », cioè il chiarimento della nuova dimensione, prodotta dalla tecnica, in cui l'uomo si trova a vivere è un tema centrale e la sua fenomenologia è delineata con particolare acume. · Come già in George Friedmann (Dove va il lavoro umano?) la storia del mondo pare doversi dividere in un'era pre-macchinistica, scandita dal ritmo delle stagioni, in cui l'uomo era a diretto contatto con la natura ed aveva di fronte animali, cose, elementi alla cui creazione era estraneo; e in un'era post-macchinistica caratterizzata da un mondo creato artificialmente, mediato dalle tecniche e dalla spietata razionalizzazione, fin nelle più intime cittadelle dello spirito. Aleggia su tutto il discorso la dicotomia la machine ou l'homme, la cui soluzione è sembrata determinante alla sopravvivenza dell'Occidente come civiltà, a più di un autore; mentre appare chiara la polemica a sfondo irrazionalistico contro il razionalismo ~ l'empirismo e con120 ibliotecaginobianco I \ I ,
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