Nord e Sud - anno VIII - n. 20 - agosto 1961

• tere proprio dell'università come complesso unitario, come gruppo organico di facoltà? ed ancora, alcune delle questioni che appaiono più acute nel campo della formazione di nuove forze intellettuali non potrebbero essere affrontate e risolte J?iÙagevolmente, soprattutt~ nel Meridione, attraverso l'istituzione di collegi, del tipo Sct1ola Normale di Pisa, presso le Università esistenti che non la creazione di deboli e· isolate facoltà? » Sono domande tutte di non poco momento e soprattutto tali da esigere risposte assai meditate, per le quali è verosimile manchino a troppi gli elementi per andare almeno un poco al di là di quelli che possono essere i gusti e le tendenze personali. Non poco questi problemi sono stati discussi già almeno due anni addietro nell'ambito del cc Comitato di studio dei problemi dell'Università italiana » e le tracce di queste discussioni sono ravvisabili nelle prime conclusioni che fin dall'aprile del 1960 ebbi modo di esporre al congresso ·di Bologna, il quale significativamente s'intitolava 'Una politica per l'Università'. Perchè poi la questione è tutta qui; e a quelle domande si risponde in un modo o nell'altro a seconda del punto di vista nel quale ci si colloca per valutare i problemi attt1ali del nostro paese, e del Mezzogiorno in particolare, e del ruolo che all~Università si assegna, non dico per la soluzione di qt1esti problemi, ma almeno nel quadro loro. Argomentando dal sovraffoliamento delle sedi di Roma, di Napoli e di Bari risulta chiaro cl1e il problema universitario nel Mezzogiorno si pone in maniera tutto affatto particolare. La necessità della istituzione di una nuova Università nel Mezzogiorno, che, stante, a quanto sembra, la rinunzia della Basilicata, è, poi l'istituzione di una Università in Calabria> si pone, dunque, non astrattamente, quale esito di vetuste rivendicazioni, ma molto concretamente, ..._ quale frutto di una consapevole iniziativa dello Stato che l'istituzione di questa Università collochi nel qt1adro più generale della politica di sviluppo del Mezzogiorno. E allora alla domanda quali facoltà istituire ex novo nel Mezzogiorno?, si deve rispon·dere: quelle Facoltà che meglio s'inquadrano e che maggiormente possono servire le trasformazioni in atto nel Meridione d'Italia. Lo so bene che la risposta è vaga e generica; ma intanto essa taglia già fuori le facoltà umanistiche, almeno dai primi posti di una scala di priorità che bisogna pur stabilire. E di più. Se, come sembra, a voler stare alle ultime dichiarazioni del Ministro, il Consiglio superiore è stato finalmente investito dei problemi relativi al riordinamento delle singole facoltà, può esser forse opportt1no attendere che avvengano siffatti riordinamenti prima di pronunziarsi. Una cosa mi par certa, e già mesi or sono è stata detta. Prima di decidere occorre per i vari settori di studio procedere a vere e proprie ricognizioni delle possibilità attuali e delle prospettive future di sviluppo e di occupazione. E occorre anche non disgiungere il problema dall'attuale grado di efficienza e dall'attuale organizzazione degli studi propr1 alle singole facoltà. Alla questione della facoltà da istitµire si collega, in un certo senso 52 Biblioteca Gino Bianc \ t • ..

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