Nord e Sud - anno VIII - n. 20 - agosto 1961

Cecov e Gogol. Per quei pochi che riescono egualmente a superare gli ostacoli esistono sempre i pericoli delle angherie. È di poche settimane fa l' ordinanza del Procuratore della Repubblica di Milano che fece interrompere al · Manzoni le rappresentazioni di Anima Nera di Patroni-Griffi, giudicando inopportuno che alla scena della prima notte di nozze di due sposini questi si presentassero in pigiama e camicia da notte. È chiaro che dovendo sempre allestire classici presi a caso o astenersi nel modo più assoluto dalla realtà (e imporre magari per rispetto al dr. Spagnuolo la tesi che gli sposini vadano sempre a letto la loro prima notte con stivali e palandrana), si finisce sempre · più per allontanare dal teatro le masse popolari, in quanto queste troverap.no che sul palcoscenico si parla un linguaggio che non è il loro e si rappresentano situazioni che non possono onestamente interessare nessuno. La logica reazione è l'abbandono delle platee, mentre il teatro sempre più resta monopolio di poche persone, costrette tra l'altro più ad una frequenza per ragioni di mondanità che per una esigenza viva spirituale. Mancano gli spettatori, bisogna contare sulle sovvenzioni governative: ecco che il cerchio è completo e senza via d'uscita. Le critiche di Zardi centrano molto bene i problemi del teatro visti da chi ne è all'interno, ma appena toccano le cause esterne della crisi. È indubbio che l'attuale legislazione italiana anzichè salvare il teatro lo danneggia gravemente. Ma sarebbe ingenuo isolare un fenomeno sociale così complesso addossando di ogni cosa la colpa alla Direzione dello Spettacolo ed ignorando che in tutto il mondo le scelte del pubblico tra gli svaghi offerti sono in misura sensibile toccate dai vari audio-visivi entrati a far parte della nostra esistenza. È proprio di questi giorni una serie di provvedimenti adottati da Andrè Malraux in Francia per rialzare con sgravi fiscali le sorti del teatro in quel paese, le quali evidentemente non sono troppo floride. Eppure, a differenza che da noi, in Francia la censura non è tanto invadente, tanto che bisogna risalire a circa dieci anni fa per avere un caso in cui il governo intervenoe contro un lavoro teatrale che fu - se non andiamo errati -:-- Le colonel Foster plaidera coupable di Roger Vailland. O anche se non si vogliano fare comparizioni con paesi stranieri, criterio spesse volte opinabile, bisognerebbe pur sempre spiegare come in una crisi ancora maggiore non si dibatta il cinema italiano, settore in cui la censura è ancora più spietata, per ovvi motivi. Pure, il cinema continua a darci tra la massa di films commerciali anche opere vive e di critica ed ha registrato lo scorso anno la punta più alta come frequenza e incassi di tutta la cinematografia occidentale. La verità è che il teatro sconta la concorrenza del cinema e della TV, mezzi questi che - bene o male. che sia - hanno abituato il pubblico ad un movimento nella scena e nell'azione che il teatro evidentemente non può per i suoi stessi mezzi permettersi. Ma, obietta Zardi, la televisione col presentare tanti attori di prosa non dovrebbe che spingere maggiormente il pubblico ad andarli a vedere in carne ed ossa sulle scene. Il che è parzialmente vero specie osservando recenti successi di attori come Lionello o Gassmann; ma non è tutto. Resta sempre il problema prezzi, per cui il teatro di prosa offre biglietti ad una media di 500 lire ciascuno, una cifra per quelle 125 Biblioteca Gino Bianco ' , , •

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