I f era la révolution car il se développe et se fortifie chaque jour davantage \dans un monde qui est le sien, le monde des révolutions prolétariennes ». Posto così innanzi alla necessità di scegliere fra la tesi di Sekou Touré e quella di M. Diop, il quale (proprio perchè coerentemente marxista in una realtà estremamente lontana da tale ideologia, quale la realtà africana) ha il torto di trovarsi non al potere, come Touré, bensì all'opposizione, in un paese che si lascia per di più guidare da un socialdemocratico cc assimilato sulla base di un principio di abdicazione », Spano non esita. Dopo una breve analisi della realtà sociale africana (condotta sulla falsariga degli scritti di Thomas Hodgkin) egli asserisce (pag. 97) che cc una vera e propria classe operaia ... non esiste in Africa Nera ». Non volendo tuttavia accettare la conclusione di Hodgkin, che riconosce alla borghesia la .funzione di guida nella lotta anticolonialista, lo Spano sostiene che nell'Africa Nera si è di fatto realizzata quell'alleanza tra borghesia e proletariato che Stalin auspicava ne « Il marxismo e la questione nazionale e coloniale » (grottesco, a questo proposito, è il paragone che l' A. fa tra l'Africa Nera e la Sicilia, tra lo sfruttamento coloniale ai danni della prima e « lo sfruttamento monopolistico esterno » ai danni della seconda, ed infine tra le alleanze di classe in funzione anticolonialista nella prima e le alleanze di tipo milazziano in funzione « autonomistica >\ nella seconda). Cosicchè, « non bisogna ricercare la molla principale del nazionalismo nel tessuto sociale dene popolazioni dell'Africa Nera e nei contrasti interni che le dividono, bensì proprio in quello che le unisce, vale a dire in un quadro più vasto nel quale le rivendicazioni sociali confluiscono in rivendicazioni generali politiche che condizionano la funzione e persino la fisionomia dei differenti strati sociali »• In altri termini, la molla del fatto rivoluzionario non è il contrasto economico tra sfruttati da un lato e sfruttatori bianchi e neri dall'altro, ma il contrasto « politico » tra sfruttatori e sfruttati neri da una parte e bianchi dall'alh·a, in un quadro più vasto in cui la sovrastruttura condiziona la funzione e la fisionomia della struttura. Fatta in tal modo giustizia sommaria di Majhemont Diop, lo Spano non esita a giungere alla conclusione che « Sekou Touré ha ragione » quando si propone di trasformare il paese senza lotta di classe in una società solidaristica: « naturalmente la posizione di Sekou Touré è profondamente diversa da quella di Leopold Sendar Senghor; egli non nega infatti l'esistenza delle classi, bensì l'inevitabilità della lotta di classe ». Malgrado ciò, la posizione dello Spano resta tuttavia, a questo punto, estremamente difficile. Egli stesso sembra rendersene conto quando afferma che non bisogna trarre· generalizzazioni arbitrarie dalle affermazioni di Sekoù Touré, estendendole a tutte le situazioni africane. Il che è perlomeno strano dopo che si è a,dditato Sekou Touré. come esempio l?er tutta l'Africa. «Comunque» - egli conclude - « la somiglianza tra le posizioni di Senghor e quelle di Sekou To~é è probabilmente, almeno per oggi, solamente formale, come formale è l'opposizione tra le tesi di Sekou Touré e quelle di Majhemout Diop. L'elemento discriminatore essenziale fra le diverse linee politiche non . 115 Biblioteca Gino • 1anco
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