la vicenda dell'idea di progresso appresta a tale duplice impostazione una ricchissima serie di argomenti. Già nell'antitesi tra pensiero illuministico (che nel progresso individua una parola d'ordine ed il motivo ispiratore della prassi riformistica e rivoluzionaria) e filosofie idealistiche (che il progresso risolvono compiutamente nella visione dialettica del reale) due termini essenziali di ogni interpretazione del progresso sono evidenziati alla piena luc"e della critica. Più importanti ancora sono poi gli svolgimenti post-idealistici. «Quando», - come ha notato M. Biscione su cc Il Mondo» del 7-II-1961, - « matura la filosofia dell'empiriocriticismo e si fa strada la convinzione che il valore della scienza è pratico-economico, non conoscitivo, insieme col rifjuto del positjvismo e con lo scatenarsi di una vena potente di irrazionalismo si rivela altresì la insostenibilità di quella fede nel progresso che era nata con l'Illuminismo e che si era cinta dell'unica arma della ragione scientifica. Si rompeva così tra le mani dei demiurghi della civiltà lo strumento essenziale per elaborarla ». Il periodo tra ]e due guerre mondiali segna, infatti, la finale dissoluzione di questo modo di jnten,dere il progresso. Alla prassi riformistica del nostro tempo fa ormai da supporto un empirismo senza dubbio coraggioso e benemerito, che si avvale degli strumenti e delle elaborazionj di una sociologia assai più scaltrita e padrona di sè di quanto fosse quelJa positivistica; ma la dottrina del progresso come elemento di filosofia speculativa è prospettata in chiave decisamente negativa o scettica, colorandosi di quelle implicazioni e dj quei contrasti di cui si è detto in principio della presente nota. Da questa congiuntura del pensiero occidentale si distacca l'interpretazione crociana, per la quale cc la positività dello sviluppo non si può certo misurare nè, da un lato, con gli acquisti della scienza e della tecnica; nè, dall'altro, col bilancio delle fortune o delle sventure degli individui o delle società. Il progresso del genere umano si traduce e concreta ... in opere destinate a superare i loro stessi autori e a intrecciarsi con gli accadimenti della vita civile, oggetto, avrebbe detto un settecentesco philosophe, della storia universale » (Franchini, Il progresso etc., p. 143). In questa dottrina il progresso diventa nè più nè meno che il segno della razionalità della storia. AttTaverso le complicate e spesso contraddittorie vicende dei popoli e degli individui, il bene, più che prevalere sul male, se ne appropria, sopprimendolo nell'unica maniera che è possibile, ossia innalzandolo volta per volta nel soffio di una ispirazione diversa. Regressi, cadute, momenti di reazione e di mera conservazione non sono meno necessari al progredire di ciò che non può non progredire di quanto lo siano i gioiosi avanzamenti e i lieti successi dei periodi felici. Il progresso coincide con il ritmo della vita spirituale nel senso più lato del termine. È stato osservato (M. Biscione, cit.) che, una volta identificati vita spirituale e progresso è difficile poi « giungere a vedere nella coscienza morale, e solo in questa, la molla del progresso ». L'osservazione, fondata, richiama un punto essenziale, e assai dibattuto tuttora, della filosofia crociana. Sia lecito tuttavia concludere col Franchini (Una possibile riforma etc., cit., p. 354) che solo dalla « rivalutazione del carattere positivo dell'irrazionale ... può e deve prendere le mosse una riforma dell'idea di progresso che ne rappresenti 120 B_ibliotecaginobianco
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