Nord e Sud - anno VIII - n. 17 - maggio 1961

volta, è stata offerta dal messaggio letto davanti alle Camere per il centenario dell'Unità. Politici, commentatori e giuristi hanno ripetuto i consueti argomenti, invocato un'actio finium regundorum che individui rigorosamente l'ambito d'azione del Capo dello Stato, richiesto una chiara presa di posizione del Parlamento. Dobbiamo ritenere che, ancora una volta, si tratti di discorsi destinati a lasciare il tempo cl1e trovano. E non perchè sia vana o assurda la richiesta di un reciproco rispetto delle sfere di competenza assegnate dalla Costituzione a ciascun organo dello Stato, bensì per la buona ragione che l'equilibrio previsto dai costituenti è stato sconvolto dalla prassi più recente. Un definitivo giudizio, che illumini sulla portata storica e giuridica di queste trasformazioni, è certamente prematuro; non così una valutazione più propriamente politica. Si ricorderà cl1e il settennato del Presidente Granchi - a parte le vistose affermazioni di carattere economico-sociale, sulle quali non era difficile anticipare il giudizio divenuto corrente negli t1ltimi tempi - ebbe inizio sotto il segno della rivalutazione degli organi costituzionali, diversi da quelli esecutivi, e dei poteri spettanti al Capo dello Stato. In tale prospettiva s'inquadrano gli interventi volti a far entrare in funzione la Corte Costituzionale, a garantire t111aefficace direzione al Consiglio Superiore della Magistratura, a definire il valore del potere di messaggio; e via dicendo. Se si prescinde dalla Corte Costitt1zionale (sulle cui vicende sarebbe pure possibile qualche appunto di importanza non secondaria), quale è stata la sorte di tutte queste buone intenzioni? Dobbiamo francamente osser are cl1e l'esistenza formale di qualche nuovo organo non può ritenersi soddisfacente risultato, quando ad essa non si accompagni una capacità effettiva d incidere sul corso della vita del paese, d'influire sulle vicende l)olitiche. Il vero è cl1e jl Presidente della Repubblica è stato troppo affascinato dal momento maggiore e più immediato del potere quello esecutivo, per poter rinunciare ad influire sull'uso di esso, dedicandosi invece alla paziente costruzione di un sistema di contrappesi atti a restituire dignità alla nostra vita politica. Gli atti da lui compiuti in rapporto agli altri organi costituzionali han sempre risentito della dimensione tattica in cui venivano collocati, essendo intesi più come mosse di una complessa partita giuocata con l'esecutivo che nel loro autonomo valore. Il loro significato, di conseguenza, ne veniva grandemente di1ninuito ed in gran parte frustrata la loro stessa efficacia. Che dire poi dell'uso del potere di messaggio? Anche su questo argomento la brevità di queste note ci impedisce di andare oltre un semplice cenno. Ai fini di una valutazione politica, più che alle occasioni in cui quel potere fu esercitato, è interessante riandare ai casi in cui il Capo dello Stato tacque, pur sentendosi necessario un suo esplicito intervento. È sufficiente ricordare, per tutti, i fatti dello scorso luglio> nel cui corso travagliato mancò la franca parola del Presidente della 53 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==