Nord e Sud - anno VIII - n. 17 - maggio 1961

della riforma se1nmai c'è quello di aver consentito in molte zone un eccessivo frazionamento della proprietà, per motivi di ordine sociale, per accontentare il maggior numero possibile di braccianti che chiedevano la terra. Non c'è da stupirsi perciò se, pur essendosi frazionata eccessivamente la terra, in parj tempo troppj contadini non hanno beneficiato della rifor1na. Si sbaglia, dunque nel rite11ere che la riforma sia « fallita »; sul piano degli interessi immediati delle forze politicl1e di opposizione è facile spjegarsi come esse abbiano ogni convenienza ad accreditare una simile tesi; ma sul JJiano della critica obiettiva, fatta al di fuori degli schemi deforn1a11ti della propaganda di parte, va riconosciuto che la realtà è un'altra, e che l'esperienza riformatrice degli anni '50 ha un solo grave difetto, quello di essere stata troppo thnida e di essersi arrestata allo stadio inìziale. Perciò l'opera degli Enti di rifor1na· non ci soddisfa pienamente, e non possiamo dire cl1e la riforma sia tutta riuscita, e che do1Jo la fase degli scorpori e quella delle assegnazioni ci si debba ritenere 1Jaghi del già fatto. Bisogna avere quincli il coraggio di andare oltre. In questi giorni, a cura dell'Istjtuto Nazionale di Economia Agraria, è stato pubblicato un primo cc contributo alla conoscenza degli effetti economici della riforma agraria >>; si tratta di uno studio di Giuseppe Barbero, edito da Feltrinelli, e che si intitola Riforma agraria itali aria. L'autore, sulla base di dati acct1ratamente raccolti e intelligente1nente meditati, è gi11nto alla conclusione che la riforma agraria non solo l1a portato alla scomparsa della grande proprietà assenteista (il classico male del Mezzogiorno agrario), ma ha provocato cospicui investimenti sja sui terreni di nuova asseg11azione che su quellj di antica proprietà privata; inoltre essa ha· suscitato considerevoli miglioramenti della produzione, sia qualitativi che quantitativi, ed ha determinato « t1n sensibile aumento di occupazio11e e soprattutto t111suo alto grado di stabilità n. Le conclusioni del Barbero ci trovano pienan1ente consenzienti; e chi ha esperienza delle modificazioni che si sono verificate negli ultimi anni in alcuni comprensori meridionali, sa che la riforma è stata di stimolo a]la trasformazione della· grande e media proprietà privata, alla formazione di agricoltori più capaci e intraprendenti. Basta recarsi nel Metapontino e soprattutto nella zona· occidentale della provincia di Taranto per convincersene. Risulta, però, anche dallo studio del Barbero, che molto resta a11cora da fare: sia sul piano dell'organizzazione, sia su ql1ello dell' assistenza tecnica agli assegnatari della riforma e agli agricoltori dei comprensori in cui la riforma ha operato, i quali siano disposti ad appre11derne la lezione. Certi errori si possono ancora correggere; gli eccessi di frazionamento possono essere eliminati proprio grazie all'esodo rurale in atto; inoltre l'organizzazione cooperativistica, ove venisse effettivamente ed estensivamente promossa', consentirebbe di associare i van30 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==