tentativo accuratamente prepa1·ato fu vici11issimo al f allime11to allorchè Roo,sevelt e Morgenthau lessero il dis.corso introduttivo di J ackson Reynolds, della First National Bank di N e,iV York. Reynolds, infatti, ricordava nel suo discorso il rifiuto di Scipione di negozJare con Annibale e le conseguenze che quel rifiuto aveva avuto: il che parve, giustamente, al Presiàente ed al suo ministro, offensivo pei pubblici poteri, che a quel modo erano messi sullo stesso piano delle banche, a loro volta promosse a potere sovra110. Ond'è cl1e l'Amministrazione pretese ed ottenne che quelle righe fossero cancellate: i banchieri ed il governo, ricordò Roosevelt nel discorso pronunciato in quell'occasione, non possono essere considerati come potenze ugualme11te indipendenti e pari tra loro, poichè cc il governo, per necessità di cose, deve essere il leader, deve essere giudice dei conflitti di interesse tra tutti i gruppi della· comunità, inclusi i banchieri ». L;,episodio è estremamente significativo di una mentalità tipica dei dirigenti dei grandi gruppi di interesse, la quale negli Stati Uniti di oggi è forse in declino, ma che è certamente ancora dominante in altri paesi. Ma comunque ciò sia, è un fatto che le concentrazioni di interessi sono potentissime, costituiscono altrettanti centri di potere, i quali, come tutti i centri di potere, tendono ad essere autonomi. E l'osservazione che si è fatta di sopra, che, cioè, i pubblici poteri partecipano in t111grado eminente nel processo di forma·zione di certe decisioni economiche, non contraddice affatto a ciò, come potrebbe sembrare ad osservatore superficiale. Al contrario, i due fatti finiscono, per così dire, col sommarsi: proprio perchè in una situazione di potere mai avuta prima ai dirigenti dei grandi complessi industriali non può non sembrare assurdo e dannoso l'essere privati di quella libertà di decisioni di cui prima godevano, accade che essi si avvalgano di quel · potere medesimo di cui dispongono per recuperare indirettamente ciò che non hanno più. I gruppi di pressione, dunque, così come li conosciamo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna ed anche in Italia, sono una conseguenza del1' attuale assetto della società democratica, appartengono, almeno nella loro fase originaria, alla fisiologia e non alla patologia di una società democratica. Si comprende, pertanto, che uno studioso come Maranini abbia potuto scrivere (sempre rispondendo all'inchiesta promossa da cc Tempi Moderni») che essi possono esercitare ancl1e una funzione positiva: « i gruppi di pressione possono operare come preziosi tramiti fra l'individuo e il potere, e, in una società plura:listica bene articolata, accrescere la concretezza e l'efficacia del suo pluralismo, contribuendo 22 Bibliotecaginobianco
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