o no la perfetta separazione dei poteri, sono entrambi fatti segno a pressioni di interessi che tendono a tutelarsi e a prevalere, siano essi di singole sezioni del paese, siano, invece, di settori e ceti particolari. Nel nostro tempo vi sono stati, inoltre, due fatti, che hanno funzionato come acceleratori di questa pratica. Innanzi tutto il massiccio intervento dello Stato nelle cose dell'economia. La necessità di impedire le concentrazioni monopolistiche o l'esigenza di una più equa redistribuzione della ricchezza o ancora il bisogno che lo Stato stesso stimolasse o addirittura si facesse imprenditore in proprio, per guidare lo sforzo degli investi1nenti in quei settori o in quelle zone di un paese che l'iniziativa privata trascurava; e, al di sopra di tutto, la nuova concezione democratico-liberale, cl1e attribuiva allo Stato medesimo infinitamente più iniziative e responsabilità e strumenti d'azione e doveri pel benessere generale, e prevedere, altresì, che esso fosse fornito dei mezzi adatti a fronteggiare le congiunture economiche sfavorevoli e ad impedire le crisi; tutto ciò ha accresciuto enormemente la partecipazione dei pubblici poteri alla vita economica e al processo di formazione delle decisioni economiche. Queste, che prima erano lasciate interamente o quasi all"iniziativa individuale, tendono ora a sfuggire ad essa: ond' è che i gruppi economici privati l1anno oggi una sollecitazione assai più forte che in passato ad impedire interventi pubblici che siano loro sfavorevoli o a provocarne di vantaggiòsi. In sostanza, questi gruppi, pur inalberando il vessillo del liberismo più assoluto, si acconciano volentieri al dirigismo più conseguente, quando questo risulti conforme ai loro interessi. Il secondo fatto cui si accennava è la crescita smisurata dei com- . plessi industriali: questi hanno attinto ormai dimensioni gigantesche e dispongono di un potere enorme. Se è vero che certe fondamentali decisioni economiche sfuggono all'assoluta disposizione dei loro dirigenti, è altresì vero che questi, grazie al loro potere, tendono ad atteggiarsi qua•si come potentati autonomi, che vorrebbero trattare alla pari con lo Stato. A questo proposito giova ricordare ciò che avvenne circa trent'anni or sono negli Stati Uniti, quando, dopo la memorabile campa'gna elettorale del 1932 e la grandiosa vittoria del partito democratico e la legislazione riformistica dei famosi cc cento giorni » del 1933, parve necessario ad alcuni dei più intimi consiglieri di Roosevelt che si giungesse a qualche intesa tra l'Amministrazione e il mondo dei banchieri - ' e fu deciso che, a tale scopo, il Presidente avrebbe tenuto un discorso ad un banchetto dell'Associazione dei banchieri di New York. Ma il 21 Bibliotecaginobianco
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