Nord e Sud - anno VIII - n. 17 - maggio 1961

gioni che, dopo il 1815, 1na soprattutto dopo il 1848, impedirono lo sviluppo del Regno e ne fiaccarono la vitalità. :tvla alle ampie ricerche sulla vita politica e culturale non si sono finora affiancati studi abbastanza profondi sulle vicende economiche. Ciò limita molto la possibilità di spiegare la crisi dello stato borbonico, perchè le più profonde cause della debolezza del Regno vanno ricercate proprio nella struttura economico-sociale, negli interessi che potevano indun·e i vari ceti a difendere lo stato di cose esistenti nel 1860 o a desiderarne la fine, agevolando l'azione dei gruppi politicamente più maturi. Questo argomento è ora affrontato da Domenico Demarco (Il crollo del Regno delle Due Sicilie - Parte I: La struttura sociale - Napoli, 1960), che si propone di studiare la struttura sociale, il movimento demografico, ·le vicende dell'industria e del commercio, la finanza politica, il movimento dei prezzi e dei salari, la politica monetaria e creditizia, le caratteristiche della vita sociale nelle maggiori città, in una parola la storia economico-sociale degli ultimi decenni del Regno. Con questa sua impegnativa ricerca l'Autore si propone di dimostrare che la società meridionale tra il 1815 ed il 1860 subì una radicale trasformazione, dovuta all'ascesa della borghesia agraria, alla formazione di un medio ceto commerciale ed industriale, desideroso di una moderna poìitica economica, all'ansia di miglioramento di contadini, operai eci artigiani, che dalla eliminazione delle strutture feudali avevano ricevuto più danni che vantaggi. Queste varie forze non si composero in un organico equilibrio, nè il Governo seppe comprenderne le esigenze e favorirne lo sviluppo con una illuminata politica, sicchè lo stato visse una vita grama e rivelò la sua intima debolezza al momento della crisi. Per conseguenza la fine del Regno delle Due Sicilie non fu opera di minoranza, ma fu determinata dalla partecipazione, più o meno politicamente consapevole, di tutte le classi sociali, deluse dai Borboni nelle loro legittime aspirazioni. La tesi, senza dubbio interessante, nelle sue linee generali non è nuova; è però merito del Demarco l'essersi proposto di dimostrarla con una ricerca approfondita e documentata, che possa rivelare la reale complessità economica del Mezzogiorno e le esigenze e la capacità di evoluzione delle varie classi sociali. Ed è appena necessario ricordare la utilità che una indagine così ampia può avere anche per lo studio del mondo meridionale dopo l'Unità, perchè proprio per le contraddizioni insite nella struttura sociale il Mezzogiorno entrò nello stato unitario in condizioni di anarchia e senza una classe dirigente capace di tutelare gli interessi del paese. Per il momento dj questa vasta opera è apparsa solo la prima parte, che è però particolarmente interessante, perchè in essa il Demarco studia la struttura socjale ed enb·a nel vivo della tesi da lui sostenuta. Con una esposizione sintetica (per lo stesso piano di lavoro che si è prefisso), ma sufficientemente documentata, l'Autore esamina la formazione della borghesia fondiaria, lo sviluppo di una nuova borghesia industriale e commerciale, la situazione delle classi inferiori della popolazione. Soprattutto egli vuole mettere in evidenza il desiderio di progresso delle varie classi sociali, ostacolate nelle loro aspirazioni dal Governo borbonico, che soffoca lo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria senza legare a sè la parte più modesta della popola127 Bibliotecaginobianco

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