Nord e Sud - anno VIII - n. 17 - maggio 1961

f stici, è significativo, nell'attuale momento della cultura architettonica italiana, il fatto che sia la critica militante sia gli architetti abbiano accettato il principio, già metodologicamente acquisito della continuità fra presente e passato; ossia proprio quello che lamenta Benevolo. Egli, in sostanza, considera il movimento moderno come un capitolo a parte, con caratteri peculiari propri, rispetto alla storia del passato, dalla quale si distingue a causa dei mezzi tecnici e produttivi che caratterizzano la moderna civiltà industriale. Questo modo di vedere, giustificato in parte dal desiderio di approfondire le varie componenti del movimento moderno, può condurre, a nostro avviso, ad una posizione storicamente assai discutibile e criticamente involutiva. L'attuale revisione del movimento moderno, indispensabile tanto alla storiografia quanto al nostro pratico operare, non può risolversi a scapito di ogni moderna metodologia critica. [R. D. F.] Saggistica BARTOLI - Ecco un bell'esempio di libro utile, al quale non mancherebbe proprio nulla per essere additato a modello di ciò che i nostri storici dovrebbero saper darci ogni tanto, se disgraziatamente non lo avesse scritto uno dei più noti e seri giornalisti italiani (DOMENICO BARTOLI, Inghilterra senza I1npero, ed. Garzanti, 1960). Ci verrà perdonata, forse, l'ironia di questo esordio, che non intende servirsi del biasimo per la lode, se si saprà riconoscere, scorrendo il volume di Bartoli, che esso possiede in larghissima misura molte delle migliori qualità del consumato scrittore di storia, dal realismo all'intuito, dalla profonda conoscenza della sua letteratura critica alla capacità di tenere continuamente desta e sospesa l'attenzione del lettore. Tuttavia queste qualità sono da lui messe al servizio non soltanto della conoscenza del passato, remoto o prossimo che sia, ma soprattutto di una minuta eppure idealmente unitaria descrizione dell'Inghilterra contemporanea, còlta in un momento critico, e perciò particolarmente idoneo alla riflessione storico-politica, quello cioè del ritorno a una nuova normalità dopo le durissime esperienze della guerra e del dopoguerra. La scelta di tale momento è naturalmente il segreto dell'interesse, dell'attualità del volume. Fino a ieri dominava la nostra pubblicistica politica, anche ad alto livello, l'immagine di un'Inghilterra avviata al socialismo, tutta concorde non solo nella conservazione delle sue millenarie istituzioni libere, ma nell'attuazione del W elfare State, dello Stato assistenziale, accettato ormai come una necessità anche da coloro che gli erano sempre stati avversi. Generalmente l'attenzione era portata soltanto su questo aspetto della vita britannica, che veniva quasi trasformato in un ideale che noi continentali avremmo fatto meglio a imitare. Nel frattempo, tuttavia, sono avvenute alcune cose impreviste, che hanno pressochè capovolta la situazione, dal miracolo economico tedesco, alla ripresa italiana (di quella parte dell'Italia che è Europa centrale), alla fine della recessione americana. E soprattutto, come ci 122 Bibliotecaginobianco

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