già v'era chi chiedeva a gran voce il riscatto dell'Italia, dopo la lunga pausa grigia dei governi della Destra. Così Rocco de Zerbi, in un discorso al teatro Castelli di Milano, il 2 luglio 1882, ammoniva che u un paese, uscito dalla corruzione e dalla schiavitù e che nell'unica sua pruova militare contro lo straniero non fu favorito dalla fortuna né in terra né sul mare, dee piuttosto temere, anziché desiderare una troppa lunga era di pace, dee piuttosto desiderare anziché temere il lavacro degli eroi, il tiepido fumante bagno di sangue! Ah voi credete che l'Italia sia già fatta? E anch'io lo direi, anch'io, se non mi suonassero ancora all'orecchio le parole pronunciate dal Thiers aUa tribuna francese e non ancora smenticate, che cioè l'Italia s'è fatta col sangue degli altri! No, l'Italia dev'essere fatta col nostro sangue! Quello degli :rltri non basta! » 1. Se dunque il << male » nazionalista si manifestava tra noi, tuttavia ai contemporanei mancò, per il momento, la sensazione della rottura col passato risorgimentale, anzi i governi crispini, . tra l'Ottantasette e il Novantasei, sembrarono ai molti una ripresa di quel clima eroico che aveva portato all'Unità, e di cui s'era temuto l'esaurirsi. Non s'era arrivati a paragonare a'l Primato giobertiano il libro dove più compiutamente prendevano corpo le teorie espansionistiche dell'ora, Governo e governati in Italia, che Pasquale Turriello aveva dato alle stampe nel 1882? Come il Primato sembrava avesse additato la via alla formazione dell'Italia unita, così in Governo e governati le nuove generazioni avrebbero trovato indicata la strada da percorrere, per· dare al paese il suo posto nel mondo. Questa strada, non appena imboccata, si era rivelata foriera non già di vittorie, ma: di umiliazioni, errori e sconfitte che si chiamavano con nomi nuovi, ai quali l'orecchio tardava ad assuefarsi: Dogali, Amba Alagi,. Macallé, Abba Garima, San ,Mun. Sconfitte e insuccessi di proporzioni diverse l'uno dali'altro, ma di fronte ai quali lo sgomento era sempre altissimo, vieppiù esasperato dalla necessità, di continuo bandita, di trovare in una vittoria militare il riscatto della nazione. Per questo, a ben guardare, la sconfitta del 1° marzo 1896 segnò· davvero il definitivo distacco dell'Italia dalle sue origini risorgimentali. Sotto l'emozione del momento non crollò un governo, ma l'ultimo -statista del passato; non fu sconfitto un generale, ma l'ultimo dei militari dell'epopea gari1 Rocco DE ZERBr, Difendetevi!, Napoli, 1882, pp. 49-50. Su questo torbido clima nazionalista v. le splendide pagine di FEDERICO CHABoo, Storia d~lla politi~a estera italiana dal 1870 al 1896, I, Le premesse, Bari, 1951, pp. 13 ss. 76 Bibliotec·aGino Bianco
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