sdegnosa di ogni disciplina che avesse fondamenti empirici e metodi «·meccanici», rendevano impossibile una critica della civiltà industriale che non fasse un rifiuto totale e soluzioni che non fossero evasive: essi rimanevano al di fuori del mondo industriale e mancavano di un'apertura culturale che rendesse le loro critiche pertinenti. All'ideologia utilitaristica e meccanicistica del borghese filisteo, che bistrattava i loro valori, non seppero opporre che la ritirata nel passato nazionale, in cui quei valori sembravano soddisfatti, recuperando ideali medievali e cor .. parativi, poesia rurale e folklore; quasi potessero con essi guarire un mondo afflitto dalla tecnica bancaria e dalla· divis.ione del lavoro. Se da una parte questo recupero maturava una nuova sensibilità storica, dall'altra dava vita a miti reazionari ed estetizzati di restaurazione di un mondo che era, in gran parte, solo la proiezione di uno stato emotivo. 1 A testimoniare di come sia lenta e in gran parte da compiere l'assimilazione della macchina a livello dell'ideologia·, notiamo che l'iter romantico è ancora paradigmatico per l'atteggiamento di molti nei confronti dell'industrializzazione. Essi non condividono (a ragione) l'apologia senza riserve della nuova civiltà e denunciano in primis l'insoddisfazione che trovano alcune esigenze, ancora vive, in ur1 mondo tiranneggiato dall'utile e dal funzionale; ma alla situazione frustrante rispondono nel meno realistico dei modi: invece di rimuovere l'ostacolo cercano una· soddisfazione surrettizia. Soffrono per la noia, il rozzo livellamento edonistico, la disciplina monotona, l'impoverimento spirituale cui non suppliscono i vantaggi materiali del nuovo sistema economico; ma, invece di cercare la parola che esorcizzi il demone, sognano un mondo arcaico, indulgente, legato alle sta-gioni dell'anno, alle abitudini, ai piaceri, nonchè alle infinite diversità naturali degli uomini. Pur di non assistere al crepuscolo del mondo agonizzante 'per industria', pur di sfuggire alla apocalittica massificazione che annunciano falsi profeti, si voltano e si accorgono che il sole splende alle spalle e appuntano, inteneriti, gli sguardi a quelle che in linguaggio non mitico sono dette aree sottosviluppate. Non è vero infatti che le « Isole dei Beati » sono un mito per naviganti cinquecenteschi; esse sono segnate su tutte le carte, sono le oasi della vera vita che dobbiamo invidiare e conservare e, semmai, scegliere per le nostre vacanze. Si configurano così in prospettive nostalgiche le riserve degli indiani Navaho, le rudimentali distillerie di rhum della Martinica, i sistemi di irrigazione della Birmania, il Mezzogiorno d'Italia. I critici romantici non fondano mai, in un gesto di estrem~ coerenza, movimenti neo-ludditi per la distruzione delle industrie; ma ci tengono a risparmiarle agli altri; quasi fossero una esperienza angosciosa e traumatizzante. Sono i malati di nostalgia sociale di cui Galbraith parla in un libro recente: lodano la piccola impresa e l'economia familiare, le cose semplici e le vecchie regole, riconoscono che l'industria' artigianale è costosa e inefficiente ed i guadagni magri; n1a le raccomandano con entusiasmo a quei popoli che sono meglio condizionati alla povertà: « Le missioni economiche inviate nei p~esi sottosviluppati caldeggiano 53 Bibli~tecaginobianco
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