quel convegno ha sentito il dovere - come rileva il « Corriere meridionale » - di fomire spiegazioni. · Poco, anzi pochissimo, si è fatto anche a Napoli, in una zona. cioè che pure costituisce uno dei principali poli di sviluppo dell'economia meridionale. Vale la pena di ricordare che la Camera di Commercio napoletana e gli Enti locali interessati solo nell'agosto scorso si sono decisi a presentare la richiesta per il riconoscimento della zona' del Sarno come « area di sviluppo industriale ». In genere l'iniziativa ristagna, salvo che in pochi casi, su tutto il territorio meridionale per ciò che concerne l'attuazione pratica delle disposizioni legislative relative alla creazione delle « aree di sviluppo industriale » e dei consorzi. Ma anche nei pochi casi in cui gli enti si sono mossi e i consorzi sono stati costituiti, non può dirsi che tutto vada per il meglio, e che inconvenienti seri non si siano verificati o non si verifichino tuttora. E qui il nostro discorso si riallaccia a ciò che abbiamo spesso detto a proposito della degradazione degli strumenti di attuazione della politica meridionalista e dei criteri di sottogoverno in base ai quali vengono scelti i dirigenti. I consorzi per le aree industriali 110n si sottraggono alla regola genera'le. E questo è davvero un brutto sintomo, che autorizza le più pessimistiche previsioni sulla funzionalità dei consorzi e sulla adeguatezza degli stessi ai fini per cui sono stati concepiti; meritava pertanto di essere segnalato, insieme con i ritardi, la confusione, gli intralci con cui si trascina tutta la questione delle aree di sviluppo industriale. Tenuto conto del clima politico del Mezzogiorno, dopo annj di apertura a destra, non c'è a:ffatto da stupirsene! I " misteri " del sottosuolo ed i crolli a Napoli Alla nostra denunzia del costante pericolo in cui vivono i circa duecentomila napoletani che alloggiano in edifici minacciati dall'eccessiva vet~stà, da in_filtrazioni d'acqua e da dissesti origi11ati dalle condizioni del sottosuolo (cfr. La città di cartone, « Nord e Sud », febbraio 1961), si sono aggiunte, negli ultimi tempi, quelle di autorità e tecnici napoletani, interve11uti nella que~tione con interventi dai quali è lecito sperare possa'. scaturire una concreta azione risanatrice. Va subito detto, però, che gli ultimi interventi hanno il difetto di aff~ontare la questione dei crolli e dei dissesti a Napoli solo nella parte di essa che si riferisce alla instabilità del sottosuolo. Nella nostra inchiesta ponemmo infatti in risalto che la 1na·ggioranza dei disastri edilizi napoletani è da imputarsi· alla scarsa manutenzione degli edifici; termine un po, vago questo, ma che comunque ben si presta ad esprimere cause anche più specifiche, come lo sprofondamento di solai troppo pesanti, dissesti a muri maestri per infiltrazioni da fognature spaccate, vecchiaia eccessiva dei fabbricati sui quali peraltro non si è esitato, sovente, ad effettuare sopraelevazioni ec~.; mentre trascurabile appare 49 Bibliotecaginobianco
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