L'università in Calabria potrebbe dunque rientrare anche nella risposta che l'Italia deve dare alla recente visita di Harriman. L'Italia, cioè, si propone di costituire una prima università del management nel bacino del Mediterraneo e di farvi affluire, ricorrendo anche a un adeguato sistema di .borse, studenti italiani e non italiani per contribuire alla formazione dei quadri della politica di sviluppo dei paesi occidentali. Nell'autunno del 1959, quando l'on. Segni, allora Presidente del Consiglio, e l' on. Pella, allora Ministro degli Esteri, si recarono a Parigi per incontrare Eisenhower, e al Presidente degli Stati Uniti parlarono, « in modo particolare », degli aiuti alle zone sottosviluppate, addirittura di un piano italiano per questi aiuti, noi rilevammo in un editoriale che un tale comportamento era velleitario e contraddittorio, se non grottesco; e qualche cosa del genere scrisse anche in quella occa .. sione Augusto Guerriero. Sembrava infatti che gli on.li Segni e Pella (il primo affermò tra l'altro che l'Italia ha « molti tecnici da mettere a disposizione ») non tenessero più conto del fatto di rappresentare un paese con disoccupati e analfabeti, del fatto che i problemi di sottosviluppo del nostro Mezzogiorno non sono meno gravi dei problemi di sottosviluppo che si pongono altrove, del fatto che l'Italia, allo stato attuale delle cose, non ha gran che da offrire e ha: molto da chiedere, « come è dimostrato dai rapporti che ·essa ha intrattenuto e intrattiene con la Birs, dagli studi dell'OECE e dell'ECE sull'economia' italiana, dall'impegno che i governi della Repubblica hanno dovuto e devono profondere per affrontare la questione meridionale ». Poi è venuta la trovata del cc miracolo italiano » ,e se ne è parlato come se non ci fosse la questione meridionale a proiettare la sua ombra anche sul benessere raggiunto dal Nord. ·Infine, venuto Harriman in Italia' a impostare un discorso molto concreto, il « miracolo » è passato in secondo piano e la questione meridionale è tornata in primo piano. Del che non possiamo che rallegrarci. Ma abbiamo anche appreso che cc già per il ·1959 il contributo italiano allo sviluppo dei paesi meno progrediti, sul piano bilaterale, poteva valutarsi in quasi 140 milioni di dollari per il settore pubblico e in oltre 180 per quello privato ». Cifre che fanno sorgere una serie di interrogativi circa la destinazione effettiva di questi aiuti e circa le destinazioni alternative che avrebbero potuto avere. Comunque, ci sembra che nella· questione della formazione di qualri per la politica di sviluppo possa trovarsi una certa convergenza fra le esigenze della questione meridionale italiana e quelle della politica occidentale di aiuti ai paesi sottosviluppati. SB Bibliotecaginobianco
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