scritti, dei suoi discorsi, delle sue opere, restava, per chiunque lo conosce'sse anche per pochi istanti, l'impressione di quello sguardo acuto e buono, che a volte si fissava oltre l'interlocutore, come inseguendo immagini ·che egli intendeva custodire solo per se stesso. Formatosi fin dalla prima giovinezza al repubblicanesimo mazziniano, in quel Mezzogiorno d"Italia in cui nel primo decennio del secolo il tra~ sformismo pareva giungere alla teoria di se stesso, allenatosi nella lotta politica locale (una scuola che, con grave loro danno, i politici dei nostri giorni tendono troppo spesso a trascurare), ma soprattutto affinatosi, per spontanea e· personale meditazione, sui temi e sui problemi che la migliore pubblicistica del tempo veniva ponendo alle menti sveglie, Egidio Reale al momento di andare a Roma pei suoi studi universitari era già singolarmente maturo. Poche altre cose sono rivelatrici della vacuità ·e pericolosità dei contrasti personali e delle risse di individui che si innalzano da sè a contese ideologiche, come le spietate lotte a livello comunale in provincia; credo (almeno mi pare di intendere dagli scritti di Ingusci e di De Danno che sono qui raccolti) che proprio da queste Egidio Reale avesse tratta la fondamentale lezione unitaria che si manifestava nella sua attività di militante repubblicano a Roma negli anni universitarii ed immediatamente post-universitarii. Così come fu l'esperienza provinciale a fargli sperimenLare in concreto e come rivivere dentro la dottrina mazziniana dell'educazione come momento primario della politica ( « allora in Lecce - ha scritto Ingusci - il giovane Egidio Reale riorganizzò senza esitare il partito con un rigido e preciso programma di formazione morale e di educazione politica e civile »): ed anche di ciò si può trovare un prolungamento nell'attività di lui nei primi anni del soggiorno a Roma, così come sono narrati da De Danno. Finalmente dalla migliore pubblicistica di quegli anni - fosse o no repubblicana: poco importa stabilire se Ghisleri contasse in questo senso più o meno di Salvemini - Egidio Reale aveva appreso, nei giorni lunghi della vita in provincia, la diffidenza per le soluzioni pasticcione e per l'intervento della retorica nell'analisi concreta di ogni questione, l'amore per lo studio ed il rigore nell' approfondimento dei problemi. L'interventismo di Reale, come del resto tutto l'interventismo democratico, è figlio della visione mazziniana della vita italiana ed internazionale. A differenza dei nazionalisti, che furono agli inizi favorevoli ad un intervento italiano a fianco degli Imperi Centrali, salvo ad allinearsi più tardi sulle posizioni di un Salandra, l'interventismo democratico fu sempre favorevole alla denuncia dell'Intesa e ad un clamoroso capovolgimento delle alleanze da parte italiana. L'Intesa si atteggiava agli occhi dei repubblicani come un' alleanza di dinastie, che tradiva gli interessi effettivi del popolo, piuttosto che come un'alleanza di popoli: ma la guerra era e doveva essere un fatto di popolo, e dunque non si poteva chiamare quello italiano a combattere a fianco del suo nemico tradizionale, che ancora opprimeva terre italiane, dell'Austria. E d'altra parte l'Austria, oltre che nemico tradizionale dell'Italia, pareva ai repubblicani l'avversario per antonomasia del principio di nazionalità, in nome del quale l'Italia stèssa aveva nel secolo precedente costruita la sua, unità:- ..era nella logica- -delle -posizioni -mazziniane ~he ··l'Impero ~Asbllì123 Bibliotecaginobianco
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