Nord e Sud - anno VIII - n. 16 - aprile 1961

CRONACA LIBR-ARIA Storia • Ecmro REALE. - Tra le figure del fuoruscitismo antifascista Egidio Reale ha un posto a sè, un posto importante anche, pur se non molto importante a ·prima vista. Se si chiede che cosa han fatto Carlo Sforza o Gaetano Salvemini nel ventennale esilio, la risposta dei più è pronta e documentata: i titoli dei libri, le conferenze, i momenti dell'attiva azione di mobilitazione dell'opinione pubblica straniera, vengono sollecitamente alla memoria. Dubito che la risposta dei più (anche tra i meno ignari di queste cose) sia altrettanto pronta e documentata nel caso di Egidio Reale. E si badi che non è tanto questione della proporzione ·degli uomi,ni, e del fatto che uno Sforza od un Salvemini avessero già prima dell'esilio un posto di maggior spicco nella vita pubblica italiana, o che un tal ruolo più eminente riassumessero una volta rientrati in Italia; non è tanto questione di ciò, quanto del carattere proprio di ciascuno d~gli individui che si sono evocati qui nel paragone, ovviamente un po' forzato come tutti i paragoni. Chiunque abbia parlato di Egidio Reale ( e se ne può trovare più di una prova nell'agile volumetto Egidio Reale e il suo tempo, Quaderni del u Ponte », 9, Fi.;.,.. 1zc 1961, con scr1cti di P. Ingusci, A. De Donna, F. Schiavetti, R. Pacciardi, A. Zanetti, H. De Ziegler, I. Silane, e F. Antinori), chiunque abbia interr_ogato degli amici che con l'uomo ebbero la fortuna di aver dimestichezza assai maggiore di quella che poteva essere fornita da un troppo fuggevole incontro di una agitata giornata politica romanà di quindici ·an.ni fa, chiunque, insomma, ha avuto intrinseco Reale, accenna subito alla singolare riservatezza di lui. Egli - h.a ricordato Pacciardi - sembrava ed era pudico all'estremo dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti" chiuso in una riserva che non era alterigia, ma raccolta compostezza; salvo, poi, a scrivere, l'indomani, all'amico lasciato la sera innanzi con distaccata cordialità una letterina di affettuosità schiette ed aperte. Timidezza, forse, o piuttosto malinconia, di quelle malinconie che paiono a volte consustanziali all'anima meridionale, che ha coscienza, a momenti, del dolore del mondo, e che da allora non ride più, non può ridere, perchè il riso gli si spezzerebbe in pianto, o peggio ancora in ironica amarezza. Malinconia corretta da una severa meditazione e da una forza d'animo non comune: per cui al posto della disperazione v'era in Reale una capacità di studio e di applicazione veramente rara, una determinata volontà di azione, un gusto nell'operare il bene ed il giusto, senza iattanza e senza pose gladiatorie. E tuttavia, al di là dei suoi 122 Bibliotecaginobianco

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