telica ·o tolemaica, indiscutibile e indis·cussa, ma c'è invece la ricerca continua della verità, da parte dell'uomo che muove dall'analisi delle tesi contrapposte, e le risolve alla luce della sua coscienza e della sua mentalità presenti, ma sempre avendo in mente che si tratta di « verità » provvisoria, che può e deve essere riveduta quando si conoscerà meglio la questione, qu8:ndo si sarà presa visione di nuovi documenti, letti nuovi articoli e libri, e insieme quando, col passar degli anni e l'accumularsi dell'esperienza, si sarà modificata e meglio sviluppata e resa più profonda la sua precedente mentalità. Diciamo cose ovvie, risapute e già vecchie nei più evoluti ambienti scolastici d'Inghilterra e di Francia (per citare solo due esempi che conosciamo un po' da vicino) e che sono note anche da noi, almeno da quelli che leggono libri e riviste di pedagogia e di didattica della storia e delle altre discipline umanistiche: è in fondo l'applicazione, su scala ridotta e nelle forme compatibili con l'insegnamento secondario, di un metodo di studio che risale addirittura agli umanisti. Chi fa altrimenti non studia la storia, ma s'inzeppa la mente di nozioni inerti, o peggio si prepara, attraverso l'accettazione passiva di supposte « verità », a versare, come si dice in gergo, il cervello all'ammasso di qualche partito o sètta. Viceversa l'insegnamento attuato mediante la riflessione, la discussione e il confronto abitua l'allievo alla moderazione nei giudizi propri e alla tolleranza dei giudizi altrui - quella tolleranza che è l'ossigeno della democrazia - proprio per l'acquisita coscienza che la cc verità » è continua ricerca e conquista fatta in comune e in concordia discors, usando la ragione non la sopraffazione, il dialogo e non il monologo. Altro che insegnare a cc odiarsi » ! Ne consegue che, a giudicare dal suo articolo, il direttore de « I] Canovaccio » è ben lontano dal sapere come si deve studiare la storia nelle scuole medie superiori: e può darsi che ]a colpa di ciò non sia affatto sua. Ma dove invece è pienamente responsabile di quanto scrive è quando si mostra allarmato di ciò che potrebbe succedere ai giova11L e quindi a lui stesso, in caso di discrepanza tra ciò che può dirgli il professore e ciò che può dirgli il padre: tutto sommato, trattandosi di giovani che hanno l'età normale di 19 anni se liceisti, e di 18 se alunni degli Istituti Magistrali (infatti la storia della Resistenza si dovrebbe ·studiare nell'ultimo trimestre dell'ultimo anno delle scuole medie superiori) egli non fa fare bella figura ai suoi coetanei, che appaiono così timorosi di ascoltare due campane diverse, e preferiscono non saper niente su fatti avvenuti al tempo della loro infanzia. Da quando in qua i giovani già vicini ai vent'anni hanno paura di sapere, e non osano aprire gli occhi e gli orecchi se non sono certi di essere sorretti dalle dande della cc verità storica », cioè della « verità ufficiale »? Ma perbacco, sono giovani vivi, o automi? Se anche possono in un primo momento restare perplessi dinanzi a due giudizi sommari diversi (giacchè in questo caso non può che trattarsi di giudizi sommari), non hanno le gambe per recarsi in una biblioteca a cercar libri, e occhi per leggerli, e cervello per rifletterci? L'ideale del direttore de « Il Canovaccio » è forse di rinunciare ad usare la propria intelligenza, ad esercitare la 47 Bibliotecaginobianco
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