Nord e Sud - anno VIII - n. 15 - marzo 1961

del volume, infatti, che abbraccia gli anni dal 1870 al 1929, è fondata prevalentemente, come afferma l'autore stesso nell'introduzione, sui lavori di altri studiosi da Fonzi a Spadolini, a Scoppola, a De Rosa; e non v'è ricorso alle fonti se non in casi eccezionali, là dove a Webster premeva schiarire qualche punto a suo giudizio lasciato in ombra dagli storici che l'avevano preceduto, come ad esempio per l'atteggiamento dei cattolici innanzi alla guerra di Libia o per l'alleanza dei clerico-moderati con Salandra. Più originale è, invece, la seconda parte, che studia, facendo ricorso anche a fonti archivistiche dove è possibile (ma ciò purtroppo è possibHe solo in pochissimi casi), la posizjone delle varie correnti del movimento cattolico durante il fascismo, fino alla ricostituzione clandestina del partito della Democrazia Cristiana ed al suo trionfo nel 1946. Naturalmente queste differenze nel tipo della documAntazione non possono non avere qualche influenza anche nella narrazionA. la quale mi sembra più sicura e n1editata nella seconda parte che nella prima; ma in complesso il Hbro è agile, spregiudicato e ben costruito, e costituisce una lettura stimolante. Webster muove dall'assunzione che i movimenti cattolici non possono essere ridotti ad unità e che vanno studiate, perciò, con estren1a attenzione lP differenze e divergenze che si manifestano in questo che alcuni, sconsideratamente, vorrebbero studiare come un blocco storico indifferenziato. Ed è, insieme convinto che l'azione politica dei cattolici non possa essere valutata fuori della più vasta valutazione dell'intero processo storico dell'Italia unitaria e del problema che per essi, in quanto cattolici, è il problema fondamentale di quel processo stesso: i rapporti tra Stato e Chiesa e la difesa delle ragioni e degli interessi di quest'ultima. Così egli da una parte dishngue accuratamente l'azione politica degli intransigenti, dei clerico-rnoderati, dei democristiani del tempo di 1'1urri e si sforza di chiarire le diversità programmatiche di ciascuno di questi gruppi; e dall'altra segue attentamente i mutamenti che intervengono nella politica dei pontefici tra il 1870 e la Grande Guerra. :r,tè finalmente gli sfugge la dimensione ideologica della storia che sta narrando, l'influenza, ad esempio, che il pensiero di Toniolo ha esercitato su tutti i gruppi del movimento cattolico, su quelli più risolutamente antiliberali (H movimento di Murri), come su gli altri moderati e riformisti, quali quelli di Meda e di Sturzo. E su questo argon1e1:to si sarebbe desiderata un'analisi più approfondita e chiarificatrice, poichè proprio qui v'è uno degli equivoci piu caratteristici e significativi del pensiero cattolico, che si prolunga ben oltre j} 1919 o H 1924, oltre anche il 1945. Il cc sociale », pur rappresentando un'esigenza generosa e sincera, era per molti cattolici la tangente lungo la quale sfuggire al cc politico ». Anche lascjando da parte tutta la bardatura corporativistica e medievaleggiante del pensiero di Toniolo e di alcuni suoi seguaci (ma essa pure serve a qualcosa: a spiegare, ad esempio, come e perchè tanti, durante il fascismo, potessero applaudire al corporativismo fascjsta) come Webster ben documenta), resta il fatto che l'appello alla giustizia sociale, nobile schietto e sacrosanto quanto si vuole, era pur sempre un'evasione innanzi alla necessità di definirsi e di definire il problema _pregiudiziale della società moderna: il problema della libertà. Questa considerazjone è valida per le generazioni 127 Bibiiotecaginobianco

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