iniziale sia stata poi attuata in pieno e all'occorrenza adattata ad ogni singolo argomento. L'opera risente in fondo di un errore di prospettiva abbastanza grave: quello cioè di non considerare il comportamento della stampa accanto agli altri fatti significativi che compongono il quadro di qualsiasi situazione. Di qui i limiti di questa, come delle altre indagini compiute dagli studiosi francesi, che presentano una realtà circoscritta, senza termini di confronto, e che quasi mai si curano di individuare le forze politiche ed economiche che determinano gli atteggiamenti dei mezzi di informazione. Trascurando dunque l'aspetto più importante di un tale tipo di ricerche ai fini della ricostruzione, il più possibile rispondente ai dati reali, di un periodo di storia recente. [N. T.] ~EBSTER - La consistenza effettiva del partito cattolico fu la più grossa rivelazione delle elezioni politiche del 1946: e gli otto milioni di voti che quel partito ebbe allora costituirono una sorpresa per tutti. Una sorpresa paragonabile a quella che dovettero provare gli osservatori e gli uomini politici all'indo'mani della Grande Guerra, allorchè constatarono che il nuovo venuto della scena politica italiana, il Partito Popolare, aveva a Montecitorio ben cento deputati. E i risultati delle consultazioni elettorali successive al '46 confermarono quella prima indicazione ed anzi ne accentuarono le dimensioni: la Democrazia Cristiana era il più forte partito italiano, la nuova forza dominante nella vita del paese, l'erede più o meno legittima dei grandi schieramenti liberali (intendendo il termine nel senso più lato, in modo da comprendere i liberal-conservatori come i radicali) del prefascismo. Com'era potuto accadere un fatto così rivoluzionario? Appunto da questa domanda, e dalle altre che ad essa si connettevano: sul significato dell' avvenimento o sulla sua portata nelle future vicende del paese o sulla posizione nuova che da ciò risultava pei cattolici, fedeli della Chiesa e insieme cittadini investiti della direzione di uno Stato che gli avi di molti di loro avevano avversato o comunque sentito come un usurpatore, o ancora sull'annosa questione della libertà d'azione politica che la Chiesa stessa riconosce ai suoi fedeli; da tutti questi problemi, insomma, intrisi di suggestioni della politica attuale, ha preso le mosse la più recente storiografia, specialmente di parte cattolica, sui movimenti cattolici in Italia tra il 1860 e la prima guerra mondiale. Il che non vuol dire, ovviamente, che tutti i contributi che sono stati forniti siano da considerare al livello di quella che Croce chiamava la storiografia di partito; al livello, cioè, della ricerca, di dubbio gusto, di più o meno gloriosi antenati o della conb·apposizione polemica di ideali guelfi o addirittura clericali a quelli che avevano presieduto al settantennio di storia unitaria. Molto buon lavoro di ricerca concreta è stato fatto, parecchi risultati si possono considerare ormai acquisiti; ed è stata perfino tentata qualche sistemazione sintetica dell'intera materia. Ed un tentativo di sintesi è, appunto, il libro recentissimo di un giovane studioso americano, Richard A. Webster, The Cross and the Fasces: Christian Democracy arvd Fascism in Italy (Stanford University Press). La prima parte 126 Bibiiotecaginobianco
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