risolvere il problema istituzionale con un referendum, il quale nelle presenti circostanze troppo si richiama ai plebisciti fascistici. Metodo da secondo impero » (pag. 409). Ad una più pacata considerazione storica, sedato il tumulto delle passioni politiche, pare, a dire il vero, che Omodeo avesse torto a giudicare in tale maniera la prescrizione del voto come dovere civico, e l'istituto del referendum costituzionale. Al lume infatti della sua stessa concezione della « libertà liberatrice », è da riconoscere che la partecipazione alla vita politica dev'essere sempre più estesa) perchè una democrazia possa ritenersi attuale; e che l'estensione del diritto di voto, ove non trovasse rispondenza nella realtà del suo esercizio, resterebbe una vuota formalità, una lustra. Era in obbedienza a quel rinnovato principio di libertà che il suffragio era stato allargato fino a comprendere le donne, fin allora escluse dal voto; ma era cosa ancor più importante che esso venisse este- ·o a quei cittadini che l'inerzia morale tratteneva dal concorso ad un atto essenziale della vita pubblica, liberandoli da un complesso d'inferiorità politica, mercè l'energico richiamo della legge al dovere civico del voto elettorale. Così pure, il referendum veniva a sancire, nella sua continuità giuridica e storica, il carattere istituzionale del nuovo stato repubblicano, che veniva fondato su un esplicito atto di volontà popolare. In effetti, l' Omodeo, che si era attirato dal Gramsci, a proposito della sua opera su L'età del Risorgimento e di qualche recensione, l'accusa di « spirito conservatore e retrivo », mostrava ora invece una intransigenza di tipo giacobino, una certa impazienza nei confronti delle forme e delle cautele giuridiche, nonchè delle riluttanze e deìle incertezze, comprensibili in quell'ora storica crepuscolare. Come può desumersi dalle osservazioni dell'Omodeo da noi riportate, in questi suoi scritti ricorrono frequenti gli accenni alle vicende della cronaca politica del tempo in cui essi apparvero. Talora si tratta di comn1enti giornalistici, o di saggi d'occasione; tal' altra, si tratta invece di elementi vitali di quella cronaca politica stessa, cioè delle testimonianze dirette dell'azione spiegata da Omodeo nelle sue qualità di rettore dell'U niversità di Napoli, di ministro della pubblica istruzione, di membro della Consulta, di leader di un partito politico. Come bene osserva il Galante Garrone nela I ntroduzione già citata, « tutto questo egli (Omodeo) fu in due anni, quasi per vendicarsi, in una frenesia di lavoro, della inazione ventennale a cui lo aveva costretto il fascismo » (pag. XXV). E vengono in mente, a ricostruire nelle sue linee, da questo mosaico dì frammenti culturali e di episodi di vita vissuta, il profilo di Omodeo politico, le notazioni personali che rivelano il suo animo nelle lettere del tempo, e che Delio Cantimori rese pubbliche nella commemorazione che di Omodeo tenne, nel 1947, alla Scuola Narmale di Pisa; ossia nell' ambiente stesso, in cui egli aveva dato inizio ai suoi studi universitari. In quelle lettere, Omodeo manifestava la sua stanchezza per lo sforzo incessante di energia a cui si era sottomesso in quegli anni, sino ad avvertire, sul letto di morte, eh' egli soffriva del cumulo di quella stanchezza, che ne aveva logorato la fibra. Non si può fare a meno, pertanto, di leggere (o di rileggere, per chi già le conoscesse) queste pagine con una pensosa indulgenza per certi fremiti di generosa ira vichiana dell'uomo (di quel1' ira, cioè, che il Vico celebrava come segno di animo nobile e altero). Tuttavia riteniamo che l'interesse biografico e cronachistico di certi scritti, per essere pre112 Bibiiotecaginobianco
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