Nord e Sud - anno VIII - n. 15 - marzo 1961

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna LA REDAZIONE, Il congresso dei socialisti RosELLINA BALBI, L'ospedale in Italia -- PASQUALE SARACENO, Dopo un decennio di intervento nel Mezzogiorno ROBERTO BERARDI, La Resistenza nelle scuole di Padova , V1rroruo FROSINI, Libertà e storia e scritti di GIANCARLO BARBERIS, .....~ITTORIO DE CAPRARIIS, MARIO DILIO, GIUSEPPE GALASSO, ENZO COLINO, ANTONIO NITTO, ALCIDE PAOLINI, ENNIO SCALET, ALBERTO SENSINI, NICOLA TRANFAGLIA AN NO V I I I · N UOVA SE RIE • MARZO 196 1 • N. 15 (7 6) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE · NAPOLI Bibliotecaginobianco

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,. NORD E SUD I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibliotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [3] La Redazione Il congresso dei socialisti [6] Rosellina Balbi L>ospedale in Italia [14] N.d.R. Giancarlo Barberis Antonio Nitto Roberto Berardi GIORNALE A Più VOCI U 11, giornale senipre più a destra [29] La cc svolta )) della V Repubblica [32] Burocrazia e industria nel Mezzogiorno [38] La Resistenza nelle settale cli Padova [43] DOCUMENTI Pasquale Saraceno I termini del problema del Mezzogiorno a un decennio dalfinizio delr intervento [53] INCHIESTE Git1seppe Galasso Istruziorie profesionale e industria in provincia di Napoli (I) [67] PAESI E CITTA Mario Dilio La valorizzazione turistica cli Manacore [90] Alcide Paolini La crisi delle Malglie [98] LETTERE AL DIRETTORE Ennio Scalet I meridioriali in Alto L1dige [104] RECENSIONI Vittorio Frosini Libertà e storia [108] CRONACA LIBRARIA [115] Una copin L. 300 · E!!tern L. 360 DIREZIONE E REDAZIONE: Abbonamenti Sostenitore L. 20.000 Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. 392.918 llalia annuale L. 3.300 semestrale L. 1. 700 E!!tero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 intestato a l-:d. Scientifìch~ Italiane S.p.A. Via Roma, 406 Napoli Bibliotecaginobianco Abbonamenti, distribuzione e pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Roma, n. 406 - Napoli - telef. 312 540 - 313.568

Editoriale Il recente dibattito parlamentare sulla Relazione Pastore ha confermato - malgrado l'onesto sforzo dell'on. Cortese di qualificare un. « interventismo >> del PLI che terrebbe conto delle esigenze di una moderna politica nazionale di sviluppo - la posizione obiettivamente antimeridionalista assunta da'i liberali dopo l'avvento d ell' on. M alagodi alla guida del partito. È una posizione che si qualifica con gli articoli di Einaudi e di Alpino, con il rifiuto costante da parte liberale di permettere che si intensifichi la politica meridionalistica promuovendola da politica di opere pubbliche a politica di sviluppo, con il veto all'intervento diretto dello Stato nel processo di indiistrializzazione; è una posiziorie «liberista>>, che può anche nascondersi tatticamente dietro il paravento dell'emendamento Cortese all'articolo 2 della legge di proroga della Cassa (notoriamente subìto dal partito e recentemente deplorato dall' on. Alpino sulle colonne di « 24 Ore >) ; ma che non concede nulla agli altri partiti della maggioranza, rimanendo strettamente condizionata dagli interessi della destra economica. Del resto la funzione liberale in ordirie alla politica per il Mezzogiorno è stata ribadita in, termini non equivoci dal segretario del PLI nella relazione clie ha aperto i lavori dell'ultimo Consiglio nazionale del partito. Parlarido dei compiti che svolgono i liberali all'interno clella coalizione governativa l'on. Malagodi ha affermato - come riferiscono i giornali - che « la forza della ' convergenza' sta in un certo slancio nell'affrontare i problemi, per quanto ancora insufficiente, in una politica estera non equivoca, nella chiusura ai comunisti e agli autoritari, in una politica economica abbastanza attiva e prudente, di c1.ti è esempio il recente dibattito sul Mezzogiorno >>. Il senso di queste parole è chiaro: su di un problema di fondo qual' è quello della politica meridionalista i liberali si riservano una funzione di freno, forzando a questo scopo le necessità tattiche della politica di «convergenza>). E perchè non rimangano dubbi in proposito, nello stesso Consiglio sono state indicate al3 Bibii-otecaginobianco

• cune scadenze per la verifica della convenienza a pro1 seguire o meno· la politica della «convergenza)), con ciò facendo capire che i liberali potranno ri1nettere in discussione l'appoggio al governo Fanfani se quest'ultimo o gli altri partiti della coalizione abbandonera,nno, anche in tema di politica meridionalista, quella linea di « prudenza>> di cui la maggioranza, nel corso clel dibattito sulla Relazione Pastore -- secondo il leacler liberale -, avrebbe dato prova. Di fronte a manif estazio-ni co1 sÌ scoperte del Partito liberale di far valere ad ogni costo i punti cli vista degli ambienti della destra liberista su uno dei problemi-chiave dello sviluppo democratico del Paese, è possibile ancora illudersi, come fa la stampa ufficiosa, che si « può realizzare una politica di interventi e proniuovere le necessarie programmazioni nel Mezzogiorno, senza dover rinuriciare all'apporto dei liberali))? È giusto condividere I' opinione dei commentatori politici della grande stampa di informazione, i quali nei giorni scorsi si sono affannati a dimostrare clie proprio il dibattito sulla politica meridionalista avrebbe provato la disponibilità dei liberali, e la conseguente necessità della prese1iza di questi ultimi nella maggioranza, per una politica di grandi riforme che « portino più avanti il Paese>>? A no~ sembra clie il dibattito sulla Relazione Pastore lia dimostrato proprio l'OJJposto; e se è giusto parlare di un successo tattico dei liberali, ave nelo essi col loro atteggiamerito contribuito a far sì che si rinviasse ogrii clecisione circa gli orientamenti della politica meridionalista, è d'altra parte doveroso riconoscere che la mozione di compromesso votata l'8 febbraio clai partiti convergenti, a conclusione del clibattito, è stata clettata da una duplice preoccupazione: da quella avanzata dai repubblicani, i quali avevano fatto presente l'opportunità di un rinvio clella discussione a dopo che il governo avesse fatto conoscere le linee clel programma economico nazionale entro il quale verrà a collocarsi la politica meridionalistica; dall'altra, dei partiti << corivergenti >>, di non accentuare in questo momento il dissidio che divide le posizioni di centro-sinistra da quella liberale sui problemi di fondo della politica italiana. E questa seconda preoccupazione, vivissima i1i campo democristiano, ha prevalso riettamerite sulla prima: ciò che caratterizza la mozione di compromesso votata r 8 febbraio infatti è il riconoscimento clella necessità di aggiornare -una discussiorie che se condottaJ fino alle sue logiche conseguerize avrebbe dimostrato che fra le parti che comporigono l'attuale maggioranza parlamentare non può esservi « convergeriza >> sul piano della politica meridionalista. 4 Bibliotecaginobianco

In realtà il dibattito parlamentare lia chiarito ancora una volta clie il pa1tito del veto contro l'apertura a siriistra è anche il partito del freno a una intensificazione della politica meridionalista; e come uno schieramento di centro-sinistra è condizione necessaria e preliminare ai fini dell' impostazionè di una politica di effettivo sviluppo del Mezzo~ giorno, così la «convergenza>>, nella interpretazione che rie danno i liberali, è strumentale ai fini del mantenimento di alcuni privilegi regionali e settoriali e de~ rallentamento di ogni programma di risoluto intervento dello Stato nell'industrializzazione del Mezzogiorrio, la cui necessità è stata riconosciuta nella Relazione Pastore, dalle correnti più moderne della Democrazia cristiana, dai repubblicani, dai socialdemocratici e dai socialisti. È appena il caso di rilevare, a questo punto, che t'ipoteca liberale sulla politica meridionalistica è diventata tr9ppo pesante perchè non ne tengano conto i partiti della sinistra democratica, laica e cattolica: è un'ipoteca che implica un costo troppo alto, un prezzo che il Mezzogiorno non può e non deve pagare. L'avvertimento deve valere soprattutto per quei settori del partito di maggioranza i quali si ostinano a non voler prendere iri consideraziorie sui pia110 degli schieramenti parlamentari quella disponibilità pe~ le grandi riforme clie è ormai un dato costante dell'atteggiamento dei socialisti; di quegli ambienti cioè che si rifiutano ad ogni prospettiva di cvpertura a sinistra. Eppure, se per ridurre il divario fra Nord e Sud, se per abbreviare i tempi della soluzione del problema meridionale è giurito ormai il momento di individuare - come suggeriva recentemente ,un lucido articolo pubblicato su « Mondo Economico>> - delle « accorciatoie >>, non, c'è accorciatoia altrettanto breve e sicura di quella che co11siste nell'eliminare ogni ostacolo che la politica meridionalista inca ntra sul suo cammino, in ogni occasione: quando vengono in discussione i problemi del completamento delle strutture, dell'accorciamento Norcl-Suct mediante le autostrade, delle scelte territoriali, delle irifrastrutture tecniche, degli interventi diretti dello Stato riel campo dell'industrializzazione, della politica dell'energia. Si tratta, in definitiva, di far tesoro dell'esperienza degli ultimi anni e delle indicaziorii emerse ancora una volta nel corso del recente dibattito parlamentare: si tratta di convincersi che una politica meridionalista degna di questo nome puo realizzarsi soltanto contro, e non a fianco del Partito liberale, e di trarre da ciò tutte le logiche conseguenze. 5 Bibiiotecaginobianco

Il congresso dei socialisti de La Redazione Quale che sia il grado di ottimismo cui si vuole ispirare il giudizio sulle giunte di centro-sinistra formate a Milano, a Genova ed altrove, non si potrà mai negare che esse offrono all'imminente Congresso del Partito Socialista Italiano uno sfondo politico molto diverso da quello dei precedenti congressi. È un dato di fatto di importanza tutt'altro che trascurabile, infatti, che quella barriera psicologica, che fino ad ieri sembrava impedire ogni concreto dialogo politico tra le forze laiche e cattoliche del centro-sinistra e il PSI, sia caduta. Certo, non sempre le condizioni in cui ciò è avvenuto sono state esemplari; e sovente, anche considerato che si dovevano superare resistenze d'inerzia proprie di grossi aggregati partitici e vischiosità di situazioni locali, si è avuta l'impressione che un maggiore dinamismo sarebbe stato preferibile da parte di entrambi i maggiori protagonisti dell'operazione, democristiani e socialisti. Non sarebbe, ad esempio, convenuto alla cl1iarezza di una politica che i socialisti a Firenze non avessero fatto la giunta provinciale coi comunisti; e non avrebbe dato questa scelta un notevole avvio ad una soluzione conforme anche della giunta provinciale di Milano, allinea11do così, in due grandissime città italiane, una struttura omogenea delle amministrazioni locali? Tuttavia, mettendo da parte le recriminazioni per le prudenze e le lentezze delle varie parti interessate, quella barriera cui si accennava· è caduta, e il contraccolpo se ne è I risentito anche sul clima politico generale: e questo, come dicevamo, è un dato di cui i socialisti a congresso, a Milano, non possono non tenere conto. A Venezia nel 1957 le vicende del Ventesimo Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, col suo corollario del rapporto segreto 6 Bibiiotecaginobianco

letto da: Krusciov nella notte tra il 24 ed il 25 febbraio 1956, e la tragedia ungherese, davano drammatico risalto allo sforzo di autodefìnizione ideologica e politica che allora compievano i socialisti, al loro impegno di misurare la distanza che lì separava dai comunisti. Ma alle vicende internazionali che facevano da sfondo a quel congresso non corrispondeva una disposizione della situazione interna italiana: lo spirito di Pralognan s'era smarrito per colpa di entrambi i protagonisti, socialisti e socialdemocratici, e il PSI, fermo nel rifiuto delle posizioni massimalistiche e di quelle riformistiche, dava l'impressione di cercarsi. Il colpo di stato dell'apparato morandiano, poi, sembrò dare ragione a quanti ritenevano cl1e i socialisti fossero ancora immaturi per un deciso impegno democratico. Sarebbe fuorviante fare adesso il processo al passato e stabilire le responsabilità di ognuno: sta di fatto, però, che allora fu perduta per t11tti un'eccellente occasione di chiarire lo schieramento politico italiano. A Napoli, nel 1959, invece, la corrente autonomistica impegnò la sua battaglia fuori degli equivoci delle mozioni unitarie, ed ebbe perfettamente ragione; polemizzò giustamente contro la vecchia diffidenza massimalistica nei confronti dell'assunzione da parte dei socialisti delle responsabilità di governo, e ricordò che nella società contemporanea, al livello di sviluppo dei nostri tempi, il problema delle riforme si poneva in termini di direzione politica dello Stato. Tuttavia, a questa posizione di principio 110n corrispose un'esatta visione strategica della· lotta politica da condurre, e la cc disponibilità » del PSI per le riforme di struttura restò, in buona parte, una dichiarazione platonica. Oggi invece, tutta la situazione politica italiana è in movimento, sia pure lento e faticoso; oggi il PSI è già inserito in questo movimento grazie appunto alle giunte di centro-sinistra; oggi v'è l'opportunità di approfondire la convergenza sul centro-sinistra per portarla dal piano amministrativo a quello politico e per dare al paese una direzione politica nuova ed innovatrice. Le esperienze degli ultimi due precedenti congressi e le realtà odierne ci sembrano costituire il punto di partenza da cui la maggioranza autonomista dovrebbe muovere nell'analisi della congiuntura attuale e nella· definizione di una politica socialista. Si tratta, in primo luogo, di evitare l'errore di Venezia, l'errore, cioè, di unanimità equivoche, fondate sui pateracchi ideologici e sulla spartizione del potere all'interno del partito, sui buoni sentimenti e sui contrasti di fondo. È ben vero che oggi la questione si pone in termini affatto diversi da quelli di a'llora, e che nesst1no tra gli autonomisti pensa 7 Bibliotecaginobianco ,I

alle mozioni unitarie ed agli abbracci retorici e co·nvenzionali; ma è altresì vero che qualcuno degli autonomisti l1a vagheggiato il progetto di una direzione comprensiva· di tutte le correnti e di qualche concessione che stemperasse il programma autonomista e rendesse fluttuante il confine a sinistra della corrente, per cercare di ampliarne il margine di maggioranza. E v'è chi dice, addirittura, che l'on. Lombardi vorrebbe a·ggirare a sinistra Ne1111i,e preparare le condizioni di quella « sforbiciatura alle ali )> che tentò già nel famoso congresso del febbraio 1946 del Partito d' Azio:pe, coi risultati che tutti sanno. E certo, cl1i legga le vite parallele che un settimanale co1nunista come « Vie Nuove» ha tracciato di Pietro Nenni e di Riccardo Lombardi (il primo, che sarebbe in qualche modo affetto dal « culto della personalità », IJrepotente e capriccioso e se1npre pronto ad imporre col suo prestigio i suoi opportunismi; il secondo, modesto, che si reca in filobus al Parlamento - o prische virtù dell' on. Pella ! -, che vuole, sì, sostituire il PSI al PCI nella direzione della classe operaia, ma resta purita11amente avverso ad ogni cedimento trasformistico verso la· Democrazia Cristiana); chi legga queste cose e ricordi gli amari attacchi di cui fu fatto segno lo stesso Lombardi dai comunisti ai tempi del congresso <li Napoli, allorchè ft1 presentato come l'elemento lJiÙ opportunistico della maggioranza· autonomista, non può non chiedersi il perchè di questa i11aspettata tenerezza comunista verso di lui. Comunque ciò sia, le concessioni tattiche alla sinistra in vista di un recupero trasformista sono t1n grave errore. La maggioranza autonomista non può pagare un l)rezzo politico, di chiarezza, cioè, 11ella definizione della propria piattaforma programmatica e di coerente azione politica nel realizzarla, per u11 lieve aumento di margine percentuale della sua prevalenza. Tanto lJÌÙ che nulla autorizza a pensare che siffatte concessioni opportunistiche porterebbero t1n tale aumento; e che sembra non del tutto destituito di fondamento, per contro, il timore di coloro i quali pensano che si1niH concessio11i creerebbero eqt1ivoci e confusioni all'interno della stessa corrente autonomista. Parimenti, sarebbe un errore dar vita, all'indomani della fine del congresso, ad una direzio11e non omogenea, ma rappresentativa di tutte le correnti. È facile prevedere infatti, che le minoranze si saprebbero avvalere della loro presenza in direzione per curare le loro posizioni cli potere 11elpartito coi 1neto<li cl1e già ~i illustrarono a· Venezia e per 1)aralizzare la vita dell'organo direttivo ed impedirgli di funzionare. l)ai documenti precongressuali che ciascuna corrente 11a preparato, e 8 Bibiiotecaginobianco

dai dibattiti che si sono svolti intorno a tali documenti, è emerso chia·- ramente che v'è un disse11so di fondo tra le correnti medesime sulla linea politica che dovrebbe tenere il partito: la direzione unitaria non servirebbe, perciò, ad altro che a prolungare in seno agli organi direttivi un contrasto fra· opposte linee politiche che le votazioni in sede di Congresso avrebbero, per così dire, già risolto; non servirebbe, cioè, che a creare equivoci e confusioni. A meno che non vi sia in coloro che avanzano una simile proposta uno scopo che non ha niente a cl1e fare con l'unità di intenti del partito: lo scopo di costituire, all'interno della rappresentanza direzionale autonomista, una fazione che si ponga come mediatrice tra le due minoranze di destra e di sinistra; lo scopo, insomma, di quella sforbiciatura alle ali di cui si diceva prima. Ma un programma' del genere servirebbe solo a paralizzare l'intero Partito Socialista, ad impedirgli la formulazione e l'attuazione concreta di una coerente politica, riuscirebbe utile solo alla sinistra del partito ed ai comunisti, preoccupati soprattutto, se non esclusivamente, di non perdere il contatto coi socialisti, di non restare isolati sull'estrema sinistra. Sarebbe strano che l'on. Lombardi, a cui siffatti propositi sono stati • più di una volta prestati, da osservatori di ogni colore, non si rendesse conto che una situazione simile non gioverebbe al partito in cui egli milita ed al paese. A noi sembra che una tale manovra non solo potrebbe accelerare una scissione invece di evitarla, ma anche la provocherebbe nelle peggiori condizioni possibili. In secondo luogo bisognerebbe evitare l'errore di Napoli, evitare, cioè, di suggerire uno schema di azione politica futura del PSI che nei fatti immobilizzi il paTtito stesso in una sterile opposizione, svalutando la politica fatta finora con la formazione delle giunte di centro-sinistra e frustrando la conclamata cc disponibilità » socialista per le riforme di struttura. E non si dica che questo pericolo non c'è: esso, infatti, si profila nell'atto stesso in cui la maggioranza autonomista fissa una tabella cronologica per certe operazioni politiche. Che significato ha l'affermazione che non si può pensare ad una collaborazione socialista ad un governo di centro-sinistra nei termini di questa legislatura? Analizzandola con la normale logica politica una simile proposizione ci appare francamente destituita di senso comune. Le condizioni di una collaborazione ad un governo di centro-sinistra'. possono essere date dal verificarsi di certe convergenze, dal sopravvenire di certi accordi su una determinata piattaforma programmatica; non mai dal passare di un certo numero di mesi o di anni. La politica non si fa fissando le date, 9 Bibliotecaginobianco

ma stabilendo i punti programmatici irrinunciabili e disct1tendo coi partners eventuali: all'infuori di ciò v'è solo ideologismo astratto e tatticismo senza senso. E poicl1è non si può pensare che quelli degli autonomisti i quali insistono su queste cose siano ignari di t1na verità così elementare, si deve ritenere che il proposito di differire più in là nel ten1po la disponibilità per l'apertura a sinistra sia dettato da altre ragioni cl1e non da un giudizio sugli sviluppi futuri del processo politico oggi in atto: dalla preoccupazione, ad esempio, che una parte della maggioranza attuale del PSI sia pronta ad accordi troppo frettolosi con la Democra•zia Cristiana. Ma anche per tali preoccupazioni vale l' osservazione che si faceva prima: per impedire simili accordi è più logico ed utile stabilire delle condizioni politiche che delle scadenze cronologicl1e. E osserviamo ciò prescindendo dal fatto che ancora una volta abbiamo l'impressione di trovarci innanzi ad una· falsa preoccupazione, suggerita da un deteriore massimalismo di tipo moralistico. D'altra parte non v'è stregone socialista· il quale possa profetizzare con sicurezza, o anche solo con verosimiglianza, che all'indomani delle elezioni del 1963, la situazione sarà più matura per un governo di centro-sinistra di qt1anto possa esserlo, poniamo, tra sei mesi. Ed anzi, considerando le cose con spregiudicatezza, si è tentato di ritenere · il contrario. L'idea che dalle prossime elezioni politiche possa· uscire alterato nella sostanza (cioè nelle grandi cifre) il rapporto di forze attuale tra la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista è un'idea· che non ci sembra sostenuta da nessun ragionamento rigoroso. L'esperienza del passato ci ha mostrato come tutte le volte che la DC è sottoposta· agli attacchi concentrati da destra e da sinistra, non arriva già al limite della rottura, ma fa quadrato e resiste; quindi è vana ogni speranza che i prossimi anni possano creare una situazione interna di rottura e mettere il partito cattolico in crisi. I socialisti parvero sperare una cosa simile anche a1l'indomani del congresso di Napoli, ed anzi lo schema operativo deliberato in quel congresso era fondato proprio su tale ipotesi, che però i fatti successivi si sono preoccupati di mostrare sbagliata. In secondo luogo, portare la Democrazia Cristiana alle elezioni in condizioni tali che il suo elettorato debba fare un referendum pro o contro l'apertura a sinistra equivale a premiare la destra democristiana, la quale 1Jotrà agevolmente sviluppare la s·ua polemica contro le cc avventure » e i « sa'lti riel buio ». E finalmente come potrebbero i socialisti sperare di realizzare cospicui guadagni in quelle elezioni? Essi sarebbero restati immobili per tre anni, sempre affermando la loro cc disponibilità » 10 Bibiiotecaginobianco

per una politica di riforme e sempre evitando di tradurre in concreta azione la loro disposjzione: in siffatte condizioni sarebbe f in troppo agevole pei comunisti attaccare senza misericordia il PSI, acc usandolo di un tradimento gratuito dell'unità della classe operaia, e den unciando . una politica fatua e senza conseguenze praticl1e ed una velleità di condizionamento della DC a cui non sarebbe seguito alcun risul tato concreto. Cosa potrebbero opporre i socialisti, cacciatisi per loro propria scelta in una situazione così ingrata, a tali accuse? E cosa potrebbe opporre la ma·ggioranza autonomista alle prevedibili critiche della sinistra sulla mancanza di prospettive politiche dei suoi disegn i? Insomma, sul l)roblema dei tempi dell'apertura a sinistra i soci alisti non possono assumere un atteggian1ento così rovinoso come q uello del differimento a tempi migliori e devono fare proprio lo schema d'azione comune a tutta· la sinistra democratica, laica e cattolica, la qu ale mira a forzare i tempi di una svolta, che s'è già registrata in talune importantissime amministrazioni co1nunali e che dovrà investire il governo del paese. Vi sono considerazioni strategiche e opportunità tattiche che consigliano tale schema d' azior e. Innanzi tutto v'è l'esige nza, non più a lungo differibile, di dare al paese una coerente direzione politica. Si è visto fin troppo bene nella discussione in Parlamento su l Mezzogiorno con1e i cc convergenti » divergano sostanzialmente e profondamente sui temi della politica meridionalistica·; e si è visto, altre sì, come ancora una volta la presenza dei liberali nelle fila della mag gioranza non ritarda, ma impedisce una seria pianificazione degli interve nti pl1bblici e privati nel Sud, una politica di sviluppo omogenea delle regioni meridionali. E d'altro canto tutti sembrano co11cordare nell' affe rn1azione cl1e le decisioni di politica meridionalistica costituiscono la tra ma fondamentale della generale politica economica. È evidente, dunque, che tali decisioni non possono essere rinviate al 1964; o vogliono i socialisti, ancora una volta, cl1e esse siano prese senza di loro? Inoltre, è noto a· tutti che la situazione politica italiana e i riallineamenti che si preparano nello schieramento dei partiti sono oggi ostacolati dalla· g rave minaccia di una soluzione extra-parlamentare ed extra-partitica di un' eventuale crisi di governo, dalla grave minaccia· di uno scioglimen to anticipato delle Camere. Ora, se questo è un dato negativo, poic hè il legittimo timore che ispira ad ognuno una tale ipotesi rallenta l'azione di tutti, è vero anche che una tale prospettiva' contribuisce a dividere la destra, separando l'ala moderata da quella che vagheggia soluzioni di regime. Il centro-sinistra laico e cattolico perderebbe, a no stro giu11 Bibliotecaginobianco

dizio, un'occasione favorevole se aspettasse che si producessero di nuovo le condizioni per una riunificazione della destra. Dopo tutto, dipende soltanto dal coraggio e dalla risolutezza della classe dirigente richiamare ogni organo costituzionale al ris1Jetto dei suoi doveri costituzionali. Anche da questo punto di vista· un atteggiamento di attesa, l'affermazione che i socialisti non prevedo110 la possibilità di una loro collaborazione al governo prima delle prossime elezioni, sarebbe non solo e non tanto una prova di immaturità, ma addirittura un segno di irresponsabilità politica, di incapacità a misurare sulle co11crete realtà i propri disegni di azione. Finalmente, il congresso di Milano dovrà definire con prec1s1one l'atteggiamento dei socialisti nei confronti del Partito Comunista. Non si tratta tanto di chiarire nettamente ciò che differenzia il PSI dai coml1nisti sul terreno ideologico, perchè su questo piano il documento della maggioranza autonomista è già abbastanza esplicito: il punto di frattura consiste nel rifiuto socialista di accettare per buona la critica comunista alla libertà politica ed al sistema pluralistico dei partiti come concetti borghesi, ossia nel rifiuto socialista di ogni compromesso sul significato e valore del regime democratico. Bisogna, però, trarre conseguenze pratiche dalla constatazione di questo divario ideologico, bisog11a, cioè, non arretrare innanzi alla conclusione che il PSI ed il PCI non sono più due partiti che hanno dei fini comu11i , ma' due partiti che hanno finalità diverse, e che, pertanto, sono in concorrenza tra loro. I socialisti non possono acquisire suffragi, non possono rovesciare a loro favore l'attuale rapporto di forze tra essi e i comunisti, se non ponendo drammaticamente all'elettorato la scelta tra un partito socialista democratico e le vocazioni totalitarie del PCI. Il PSI, insomma, non deve subire una politica nei confronti dei comu11isti, ma deve averne una sua propria, ed imporla dovunque sia possibile, fra11camente e coerentemente. Altrimenti esso soccomberà sempre agli attacchi comunisti. Questa considerazione ci sembra particolarmente irnportante, poicl1è fa giustizia dei sofismi di quanti, dentro e fuori il PSI, paiono desiderare che vi sia un rincalzo comunista alla politica di centro-sinistra. Qui siamo innanzi al solito, piccolo calcolo di coloro cl1e non riescono a valutare la grande operazione politica possibile oggi i11Italia. L' appoggio comunista alla politica di centro-sinistra sarebbe rovinoso non solo perchè equivarrebbe all'abbra'ccio della morte dato a quella politica medesima; non solo, cioè, perchè provocherebbe di rimbalzo le diffidenze e le resistenze di tutti coloro che temono una politica fatta 12 Bibiiotecaginobianco

con l'aiuto comunista; ma anche perchè toglierebbe ogni significato all'avvenimento. La politica di apertura· a sinistra sarà una grande operazione politica non solo nella misura in cui essa spezzerà per sempre le resistenze della destra economica e politica, ma anche, e forse soprattutto nella misura in cui sarà fatta senza i comunisti e contro i comunisti, nella misura in cui, portando alla costituzione di un grande partito socialista democratico, e insieme consentendo a questo partito stesso di collaborare alla direzione dello stato, isolerà i comunisti, li porrà in crisi e farà rientrare nel circolo della vjta democratica i mjlioni di voti che essi hanno, per così dire, sequestrati. Il rincalzo del PCI alla politica di centro sinistra impedirebbe tutto ciò e toglierebbe ogni significato costruttivo a lunga scadenza a qu lo che ci sembra e può essere il più grosso tentativo di stabilizzazione della vita de1nocratica del nostro paese. Noi vorremmo che la consapevolezza di questa verità elementare fose ben salda 11ella mente di tutti i socialisti convenuti a Congresso, a Milano. 13 Bibliotecaginobianco

L'ospedale • 1n Italia di Rosellina Balbi Che la situazione ospedaliera del nostro paese sia precaria, è un po' il segreto di Pulcinella. Sempre più frequenti (e non soltanto sulle colonne della stampa di opposizione) si sono fatte, negli ultimi tempi, le incl1ieste giornalisticl1e volte a lt1meggiare l'inadeguatezza dell' ordinamento attuale, non meno cl1e l'insufficienza degli impianti. D'altro ca11to, il susseguirsi di vivaci dibattiti parla1nentari sull'argomento, e i numerosi disegni di legge giacenti alla Camera ed al Senato, stanno a testimoniare che la crisi è orrnai giunta al suo punto di rottura. Nessun altro problema, fra· i tanti cl1e si propo11gono oggi all'attenzione della nostra classe politica, sollecita i11torno a sè una così concorde rispondenza di opi11ioni (qua11tomeno in senso negativo: nel senso, cioè, che tutti ritengono t1na riforma indispensabile, ed urgente). È superHt10 sottolineare come questa stessa u11animità di giudizi costitujsca l'indice più eloquente della gravità della situazione: la quale non trova riscontro in alcun altro paese dell'Europa occidentale, se si eccettl1i, forse, la Spagna. Per chi volesse addentrarsi nell'esame di una situazione particolare - come 1Jotrebbe essere, 11el nostro caso, quella di Napoli, cui intendia1no dedicare i11uno dei prossimi numeri di cc Nord e Sud » una specifica inchiesta -, appare, dunque, necessaria una prima ricogi1izione di indole generale: senza di che, sarebbe impossibile la distinzione tra le deficienze, strutturali e di funzioname11to, comuni all'intero settore ospedaliero italiano, e quelle più propriame11te legate alle condizioni locali. Diremo di più: prima ancora di affrontare il tema cc ospedali », è indispensabile mettere in rilievo un punto di importa11za fondamentale, se si vuol tentare di capire il perchè del caos esistente nel 14 Bibliotecaginobianco

nostro paese in materia di assistenza sanitaria. Questo punto-chiave è costituito dalla molteplicità e dalla difformità dei modi con i quali lo Stato italiano adempie (o crede di adempiere) all'obbligo costituzionale di tutelare la salute dei cittadini 1 . Tutti sanno che, da circa tre anni, esiste in Italja un Ministero della Sanità. Ma non tutti sanno, forse, che questo Ministero è nato , asfittico. La sua legge istitutiva (13 marzo 1958, n. 296) ne limita le funzioni in maniera quasi risibile: per esempio, essa esclude tassativamente dalla competenza del Mi11istero della Sanità tutto il campo del1' assistenza sanitaria mutualistica (che fa capo, per contro, al Ministero <lel Lavoro e della Previd~nza Sociale). Ne consegue cl1e oltre 37 milioni di cittadini (i quali diventeranno presto 40 dopo l'approvazione delle leggi che estendono l'assicurazione di malattia a nuove categorie) sono sottratti, i11materia di assistenza sanitaria, al controllo di quel Ministero che dovrebbe cc provvedere alla tutela della salute pubblica »; e si tratta dei quattro quinti della popola·zione italiana. Ora, 110nv'è cl1i possa negare l'enorme sperequazione esistente fra i progressi compiuti dalla scienza medica negli ultimi venti anni, e il livello, per lo meno mediocre dell'assistenza sanitaria che l'ottant~ per cento degli italiani riceve attraverso gli istituti mutualistici. Questi Enti, sui quali grava tuttora la pesante ipoteca del corporativismo fascista·, e della mentalità paternalistica che lo ispirava, costituiscono una vera e propria fungaia· di organizzazioni, piccole, medie e grandi: fomite tutte, di sigle spesso impronunciabili, e dì impalcature burocraticl1e sempre costose. Nè mancano, tra loro, i doppioni; dei quali si farebbe benissimo a meno, risparmiando così mezzi ed energie, che potrebbero molto meglio impiegarsi altrimenti. Si tratta, .peraltro, di evitare che si verifichino casi come quello toccato alla giovane friulana Emma Vit, la quale, per essere troppo assicurata, finì col trovarsi priva di qualsiasi protezione. Riportiamo la vice11da per sommi capi; ne vale la pena. Ricoverata d'urgenza presso l'Ospedale di San Vito al Tagliamento, la Vit venne dimessa alcuni mesi più tardi, perfettamente guarita. Quattro erano gli Enti che avrebbero dovuto tutelarla in caso di malattia: l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, l'Istituto Nazionale Assicurazione Malattie, il Consorzio Provinciale Antitubercolare ed il Comune nel quale la famiglia Vit, poverissima, aveva eletto domicilio di 1 << La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività » (Costituzione della Repubblica, art. 32). 15 Bibliotecaginobianco

soccorso. Orbe11e, giunto che fu il momento di paga·re le spese di spedalità, tutti e quattro gli Enti concordernente ricusarono di farlo, ciascuno sostenendo - co11l'ausilio di argomentazioni giuridicamente ineccepibili - non essere, il caso della Vit, di propria competenza. La vicenda giudiziaria che ne seguì, si trascinò per circa sette anni: in capo ai quali, il Tribunale di Pordenone si dichiarò incompetente a risolverla, rimettendo ogni cosa· nelle mani del prefetto della provjncia 2 • Questo non è che u110dei tanti episodi di quella che un comme11tatore specializzato l1a definito la cc guerra civile » fra gli Enti assistenziali. E, già che abbiamo accennato al caso di una tubercolotica, non sarà fuori luogo, a questo punto, rilevare un'altra situazione, a dir poco, assurda: quella· dei posti-letto inutilizzati nei sanatori dell'I.N.P.S., mentre diecine e diecine di tubercolotici sono, magari, costretti ad attendere nelle loro case cl1e sj liberi un letto nel reparto di un ospedale generico o in un sanatorio provinciale; e ciò perchè il regolame11to dell'I.N .P.S. esclude l'ammissione, nei sanatori dell'Ente, di quei tubercolotici che debbono essere ricoverati a carico dei Consorzi. Guerra civile tra' gli Enti, dunque; e guerra anche tra gli Enti e la classe medica, la quale è clamorosame11te i11soddisfatta del reddito che le proviene dalla mutualità. Il guaio è che le prime vittime di queste ostilità di varia natura sono i malati; ossia coloro che, in virtù dei contributi versati per anni a·gli istituti previdenziali, dovrebbero essersi conquistati un valido diritto all'assistenza sanitaria. Qualche mese fa, l'allora Ministro del Lavoro, on. Zaccagnini, si dichiarava sbigottito della varietà degli Enti mutualistici, ed auspicava l'unificazione dei servizi sanitari in un solo Istituto. Non sembra, tuttavia, cl1e il Dicastero del Lavoro sia disposto a fare concessioni di compete11za al Ministero della Sanità; il quale non è nemmeno rappresentato negli organismi consultivi creati dal Ministero del Lavoro per lo studio di questi problemi. Pure, si tratta di problemi sostanzialmente tecnico-sanitari; e non è concepibile che essi vengano risolti in una sede cl1e no11 sia quella loro naturale. Nella relazione di mi11oranza redatta dall' on. Ludo vico Angelini per il bilancio 1959-1960 del Ministero della: Sanità, si diceva i1 proposito: cc Restino per ora, le mutue, gli organis1ni autonomi configurati nell'attuale sistema della protezione sociale dej lavoratori. Ma in qt1esta configurazione venga attribt1ita al 2 Il caso di E1nma Vit e narrato 1n: BERLINGUER e DELocu, La Nledicina è malata, Laterza, Bari, 1959. 16 Bibliotecaginobianco

\ Ministero della Sanità la: funzione di tt1tela e di guida su quanto riguarda la loro politica di protezione della salute degli assicurati, funzione che rappresenta un dovere dello Stato, e che, di fatto, nelle condizioni attuali, nessuno esercita. La funzione di controllo su quanto riguarda, invece, le questioni relative alle entrate complessive ed alla spesa delle prestazioni economiche, resti al Ministero del Lavoro » 3 • Il quale Ministero del Lavoro non. è tuttavia il solo, ad impartire direttive in materia di assistenza sanitaria. Altri conflitti di competenza sono sorti tra il Ministero della· Sanità e quello degli Interni, al punto che, per dirimere la questione, si è dovuto far ricorso al Consiglio di Stato. Ed ecco il verdetto: tutte le attribuzioni non comprese nell'elenco di quelle espressamente conferite dalla legge al Ministero della Sanità, spettano ai Ministeri cui erano precedentemente demandate. Di conseguenza, in base alla· legge 17 luglio 1890, n. 6972, i poteri co11cernenti la disciplina istituzionale degli ospedali com11etono tuttora al Ministero degli Interni ed ai suoi organi periferici, mentre al Ministero della Sanità è attribuita, nei riguardi degli Enti ospedalieri, la sola vigilanza di carattere tecnico: la quale, essendo parziale non può avere che una limitata efficacia. Come osserva il Prof. Pjero Alonzo, Sovraintendente Sanitario degli Ospedali Riuniti dj Ro111a,gli organi tecnici del Ministero della Sanità, cc i quali dovrebbero costituire effettivamente, per gli ospedali, i giudici e la guida, frec1uentemente vedono limitate le loro possibilità ad una tutela di forma, cl1e non entra nel vivo dei problemi, molto spesso legata al buon volere o al mal volere di un fu11zionario, non sempre tra i migliori, delle Prefetture della Repubblica »'. Ministero del Lavoro Ministero degli Interni: I' ele11co è appena incominciato. C'è il Ministero della Pubblica Istruzione, il quale è competente per la medicina scolastica: (da esso dipendono le cliniche universitarie, che sono, come è noto, ospedalizzate). C'è il Ministero della Difesa, con le Direzioni Generali di sanita militare, marittima ed aeronautica. C'è il Ministero dei Lavori Pubblici, con1petente per l'edilizia ospedaliera:. A farla breve, secondo un calcolo dell'on. Lattanzio, i Dicasteri che si occupano di questioni sanitarie, ciascuno nel settore di 3 Atti Parlamentari - Camera dei Deputati, III Legislatura, n. 1213, A-bis 15.6.1959, 4 I problemi dell'assistenza ospedaliera in una intervista col prof. Piero Alonzo, « Corriere del Medico », 4 agosto 1960. 17 Bibiiotecaginobianco

sua competenza, sono, in Italia, undici: e nel numero, si badi, non è compreso il Ministero della Sanità. Non è quindi da stupire se ad un Ministero della Sa~ità cosl rimpicciolito sul piano giuridico non meno che pratico, va·dano soltanto le briciole del bilancio generale dello Stato (52 miliardi, 609 milioni e 800 mila lire: approssimativamente, 1'1,2 o/o). L' on. Colleselli, nel presentare la relazione di maggioranza per il bila11cio di previsio11e della spesa del Ministero della: Sanità, relativo all'esercizio finanziario 1 ° luglio 1960-30 giugno 1961, dichiarava di cc predisporre la relazione con riluttanza, preoccupato della vastità e delicatezza del compito » : in effetti, il bilancio del Ministero non si discosta gran che da quello del defunto Alto Commissariato per l'Igiene e Sanità. Rispetto allo scorso anno, l'aumento risulta di appena 8 miliardi e 727 milioni (ivi compresi i fondi speciali per l'importo di un miliardo e 610 milioni): e di questa cifra, come ha fatto rilevare l' on. Bruno Romano 5 , soltanto 2 miliardi e 615 milioni sono destinati ad interventi diretti nel campo della sanità: il resto essendo assorbito da spese per il personale, per i servizi, o per contributi agli Enti vigilati. Si tratta, quindi, di un aumento del tutto insufficiente 6 , specie se confrontato con i bilanci di altri Ministeri: i quali, pure, operano in settori che non sono certo più determinanti per la vita del paese. Un solo esempio: nel giro di due anni, il bilancio del Ministero della Difesa è aumentato di circa 80 miliardi. Vediamo, per contro, quali sono le somme destinate ad incrementare la lotta contro le malattie cardiovascolari e contro i tumori (rispettivamente al primo e al secondo posto tra le cause di mortalità nel nostro paese). Eccole: 150 milioni per le malattie cardiovascolari e traumatiche, 250 milioni per la lotta contro il cancro. Per quanto, poi, si riferisce all'impianto e al funzionamento di centri trasfusionali, al funzionamento delle scuole per infermiere, ai contributi destinati a ricerche sui problemi dell'assistenza· ospedaliera, 5 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, III Legislatura, seduta del 9 settembre 1960. 6 Ecco quanto dichiarava il sen. Benedetti in sede di discussione del bilancio della Sanità: « ... in chiusura della relazione del bilancio della Sanità dello scorso anno richiamavo l'attenzione del Senato e del Goven10 sull'insufficienza degli stanziamenti assegnati al nuovo Ministero ... Fissavo, allora, in 25 miliardi e mezzo circa, le maggiori occorrenze necessarie per lo sviluppo e l'attuazione di una decente politica sanitaria nazionale » (Atti Parlamentari, Senato della Repubblica, III Legislatura, 314a seduta, 12 ottobre 1960). 18 Bibiiotecaginobianco

lo stanziamento è stato incrementato nella misura di 280 milioni complessivi. Ogni commento è superfluo 1 • C'è tuttavia un problema di fondo, che bisognerebbe risolvere prima di qualsiasi altro. Nei paesi più progrediti, è stato da tempo riconosciuto il principio che non può esistere una medicina per i poveri ed una medicina per i ricchi, in quanto la tutela della salute è un problema che interessa la collettività non meno che l'individuo. La legislazione britannica, tanto per citare un esempio, garantisce il diritto all' assistenza sanitaria a tutti coloro che si trovino sul territorio del Regno Unito; perfino, dunque, agli stranieri di passaggio. È stato rilevato che molti cittadini francesi trovano conveniente, in caso di malattia, fare la traversata della Manica, pur di usufruire dell'efficiente servizio assistenziale inglese (gestito dal Ministero della Sanità e dai suoi organi periferici). In Italia, all'opposto, esiste tutta una serie di discriminazioni per le quali i cittadini sofferenti di una stessa malattia ricevono dallo Stato le più disparate forme di assistenza sanitaria, a seconda della sfera di lavoro nella quale agiscono; e vi sono casi nei quali l'assistenza viene a mancare del tutto. Come è noto, infatti, un cittadino che non sia inquadrato nei vari Enti mutualistici, deve pagarsi da sè l'assistenza sanitaria della quale abbia eventualmente bisogno. Se non è in grado di farlo, egli può solamente rivolgersi, per soccorso, al Comune nel quale risiede; e non sempre i piccoli Comuni possono sobbarcarsi alle spese necessarie. Occorrerebbe dunque, in primo luogo, rivedere ed aggiornare la legistrazio11e antiquata che tuttora regge l'organizzazione sanitaria italiana; bisognerebbe, poi, unificare la politica dello Stato in questo settore, eliminando tutte le interferenze, le sovrastrutture e gli abusi che oggi, purtroppo, si lamentano. Senza di ciò, qualsiasi riforma sarebbe priva di significato; e una riforma è urgente, chè le esigenze del paese, 7 Il Ministro della Sanità, senatore Giardina, osservava di recente che lo Stato italiano spende annualmente nel campo dell'assistenza sanitaria, una somma complessiva di 900 miliardi. Di questi, come egli stes o ammetteva, 850 miliardi vengono erogati u al di fuori degli stanziamenti propri dell'amministrazione sanitaria n (Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, III Legislatura, 27 settembre 1960). Ora, « è proprio questa ... la sfasatura di cui tutti ci siamo lamentati; sottraendo al controllo del Ministero tecnico, qualificato, l'impiego dì ingenti somme di danaro pubblico, si determina una situazione di intollerabile confusionismo, e una sicura dispersione di fondi, per sovrapposizione di iniziative, o addirittura per iniziative irrazionali e non necessarie» (Dichjarazioni dell'on. Bruno Romano alla Camera dei Deputati, seduta del 9 settembre 1960). 19 Bibiiotecaginobianco

anche dal punto di vista sanitario, sono molte, e gravi. Prime fra tutte, quelle connesse alla situazione ospedaliera. L,Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato ad un minimo di 10 per 1000 il rapporto che dovrebbe esistere in ciascun paese tra· i] numero dei posti-letto e quello degli abitanti. Nelle nazioni europee, tale minimo è generalmente superato: per citare esempi a noi vici11i, in Francia il rapporto è del 14, e in !svizzera del 16 per 1000. Come stanno le cose, in Italia? Gli unici dati disponibili sono quelli for11iti dall'Annuario di Statistiche Sanitarie, edito nel 1960 dall'Istituto Centrale di Statistica. Tali dati si riferiscono all'anno 1957. Possiamo nondime110 accettarli come tuttora sostanzialmente validi, giacchè gli eve11tuali miglioramenti realizzati nel corso degli ultimi tre anni sarebbero comu11que bilanciati dal contempora11eo aumento della popolazione italiana. Orbene, la disponsabilità n1edia dei posti-letto, nel nostro paese, è abbondantemente inferiore al citato minimo del 10 per 1000: difatti gli istituti di cura generali e specializzati, sia pubblici che privati, mettono a disposizione dei cinquanta milioni di italiani un complessivo numero di 241.589 postiletto. Ne deriva che il rapporto tra posti-letto e abitanti non raggiunge neppure il 5 per 1000 8 • Tale inst1fficienza, già grave se considerata globalmente, lo diventa vieppiù ove si tenga conto della suddivisione tra i reparti di medicina generale e quelli di medicina specializzata. È in questi ultimi, che si registrano le lacune più gravi· e ciò malgrado i moderni orientamenti della scienza medica, ispirati, co1ne è noto, ad una sempre maggiore specializzazione. Per avere un'idea delle co11seguenze che possono derivare dalla mancanza di ospedali specializzati (e quindi della particolare assistenza che essi soltanto sono in grado di fornire), basterà citare alcuni dati relativi ai rapporti tra la mortalità infantile e i parti avvenuti in clinica. Nella Valle d'Aosta, ove la percentuale dei nati in ospedale è del 63,62, la mortalità è del 22 per mille. Per contro, in Basili8 Anche volendo includere nei nostri calcoli il nu1nero dei posti-letto disponibili negli Ospedali sanatoriali ed in quelli neuropsichiatrici, pubblici come privati, ci troveremmo sempre al di sotto (con un totale di 413.331 posti-letto) del limite . . m1n1mo. 20 Bibiiotecaginobianco

cata, dove soltanto il 4,05 per cento dei cittadini nasce in un istituto di cura, i nati morti superano il 50 per mille 9 • Abbiamo parlato, fino a questo momento, di quozienti nazionali. Se poi vogliamo guardare alla distribuzione regionale dei posti-letto, ci troviamo di fronte a situazioni addirittura terrificanti. Mentre vi sono regioni come la Liguria, che sfiorano il quoziente di 9 posti-letto ogni mille abitanti, ve ne sono altre, come la Calabria e la Basilicata, nelle quali tale rapporto scende all'l,6: talchè si è « arrivati al punto di mettere due ammalati per letto! » 10 • Non basta: i sono centri lontanissimi dagli ospedali, come quello di cc Terranova di Pollino, che dista da Potenza 189 chilometri. Non c'è telefono, e dal sabato al lunedì nessuna. urgente comunicazione è possibile. Se un cittadino si frattura il cranio, dovrà percorrere 189 chilometri con il servizio di linea, per recarsi al1' ospedale più vicino! » 1 1. Complessivan1ente, nell'Italia meridionale ed insulare, la disponibilità media non supera i 2 posti-letto per mille abi .. tanti. « I meridio11ali non si possono ammalare » : così cc Momento Sera » intitolava una puntata della sua inchiesta sull3 situazione ospedaliera nazionale 12 • Per ovviare, sia pure in parte a questa gravissima situazione, occorrerebbe istituire 150mila nuovi posti-letto (opportunamente distribuiti sul territorio nazionale), dei quali circa 15 mila specializzati. Oltre u11anno fa, e precisamente il 18 dicembre 1959, il :tv1inistrodella Sanità, Giardina, annunciava di voler presentare al Consiglio dei Ministri cc uno schema di disegno di legge che prevede la costruzione di nuovi ospedali ... per complessivi 133mila posti-letto, e la loro completa attrezzatura » 13 • Il 27 settembre 1960 l' on. Ludovico Angelini, relatore di minoranza sul bilancio della Sanità osservava in proposito: cc È passato un anno da quella data, e da quell'impegno cl1e sembrava tanto concreto. Tre governi si sono succeduti da allora, ma di tale impegno non 9 G. DELLE PIANE, La gravidanza, il parto e il puerperio come malattie, « Archivio di Medicina Mutualistica », VII (1957), pp. 21-50, riportate in JìERLINGUER e DELOGU, op. cit. 1° Così il sen. Tibaldi, nel suo intervento sul bilancio <lei Ministero della Sanità (Atti Parlamentari, Senato della Repubblica, III Legislatura, 3144 seduta, 12 ottobre 1960). 11 Sen. Cerabona, ibidem. 12 ALDO MAZZARA, I meridionali non si possono ammalare, a Mo1nento Sera n, 13 dicembre 1960. 13 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, III Legislatura, seduta del 18 novembre 1959. 21 Bibliotecaginobianco

si sente più parlare, nè se ne trova traccia nel bilancio della Sanità, e sopratutto nel bilancio e nei programmi del Ministero dei Lavori Pubblici» 14 • Analoghe preoccupazioni avevano precedentemente espresso altri oratori, come l'on. Montanari e l'on. Bruno Romano. Nella sua replica, il Ministro si limitava a dichiarare, su questo punto, che cc l' Amministrazione sanitaria non ha mancato e non mancl1erà, per la parte che le riguarda, di promuovere il potenziamento della rete ospedaliera », che cc la nuova rete ospedaliera sarà organizzata su base pianificata ... », e che cc il problema dei posti-letto è al centro dell'attenzione di tutto il Governo » 15 • In ogni modo, le insufficienze degli ospedali italiani non si limitano alla sola capacità ricettiva. Costruiti per la maggior parte quaranta o cinquanta anni or sono, in base a criteri edilizi oggi largamente superati (quando non siano addirittura allogati in edifici sorti per altre finalità, come monasteri, scuole, palazzi gentilizi o carceri), i nostri ospedali, salvo poche eccezioni, difettano di attrezzature adeguate: al punto che numerosi, tra essi, non cc dovrebbero neppure essere autorizzati a funzionare » secondo quanto affermava l'on. Cotellessa nel luglio del 1959. Queste deficienze vengono generalmente attribuite alle difficoltà di ordine economico nella quali sembra che si dibattano molte amministrazioni ospedaliere. Il filone della carità, che un tempo alimentava' a getto continuo le entrate degli istituti di cura, si è progressivamente assottigliato, quando non si è addjrittura esaurito. È ben vero che, al giorno d'oggi, l'ospedale non è più l'Ente be11efico, destinato ad assistere gratuitamente gli indigenti, bensì una vera e propria azienda industriale, nella quale l'assistenza sanitaria è prestata dietro pagamento. Tuttavia, non bisogna dime11ticare che i clienti più importanti degli ospedali sono gli istituti mutualistici: i quali sono attualmente debitori, nei confronti delle ammi11istrazioni ospedaliere, di oltre 12 miliardi di lire, per rette non pagate. Si sostiene, da parte degli Enti previdenziali, che molti oneri, fatti gravare dalle amministrazioni sul costo delle rette di degenza, non hanno attinenza diretta con le cure agli ammalati: così le scuole per infermiere, il tirocinio per i medici, i reparti di pronto soccorso e di isolamento. Perciò numerosi Enti, dopo avere invano reclamato rette di favore (simili a quelle che la legge stabilisce per i Comuni), si sono rifiutati di corrispondere il pagamento dei rico14 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, III L,egislatura, seduta del 27 settembre 1960. 15 Ibidem. Bibiiotecaginobianco

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