Nord e Sud - anno VIII - n. 13 - gennaio 1961

Io invece non ho deposto nessuna delle speranze che mi hanno spinto ad at1spicare, oggi più di ieri, un risoluto impegno dello Stato nella politica di sviluppo del Nlezzogiorno. E quando si legge o si sente dire che ogni sforzo per l'industrializzazione e per le stesse infrastrutture è reso rapidamente inutile a causa dell'aumento demografico (è questo e non un altro, il significato de] passo di Ricciardetto più sopra riportato) io ritengo che si debba replicare proprio come ho replicato a Ricciardetto: grazie alle tendenze di fondo del movimento demografico che rappresentano oramai un feno1neno quantitativamente, e soprattutto qualitativamente, vistoso, no11 si pt1ò più considerare la questione meridionale come una questione « anzitutto demografica » nel senso che Ricciardetto attribuisce a questa espressione; e pertanto non sono affatto inutili, se bene spesi, gli sforzi e i miliardi destinati alla Cassa e alla industrializzazione. Se cioè una politica di sviluppo sarà effettivamente e risolutamente avviata e condotta a termine, senza svuotamenti o dirottamenti degli interventi che sono stati indicati come necessari e che in gran parte sono stati ancl1e promessi, noi avremo anche nel nostro Mezzogiorno u11a relativa stabilizzazione dell'incremento demografico, a livelli sopportabili. Inoltre, la tendenza alla diminuzione dei quozienti di natalità, il progressivo attenuarsi delle conseguenze che derivano dalla rapida diininuzione della mortalità che è in atto, le migrazioni interne che sono necessarie per colmare i vuoti che si aprono sul mercato settentrionale delle forze di lavoro, le migrazioni transalpine, gli stessi spostamenti di popolazione dall' « osso » alla ,, polpa » del Nlezzogiorno, tutto ciò consentirà t1na graduale decongestione del tessuto demografico 11elle province meridionali del nostro paese, specialmente là dove una tale congestione può riuscire più immediatamente utile: 1) ai fini del riordinamento fondiario nelle zone di latifondo contadino; 2) ai fini di una minore pressione demografica e di una organizzazione moderna dell'agricoltura lungo certi tratti di costa coltivati intensivamente e in quella pa1te del Mezzogiorno che è stata chiamata « regno dell'albero »; 3) ai fini di un ritorno alla loro vocazione naturale, per il bosco o per il pascolo, delle terre più povere nelle alte e n1edie valli della Basilicata e della Calabria. Per confutare la mia affermazione - che forse il Mezzogiorno è ancora la conigliera: d'Italia, ma certo non lo è più come una volta e domani lo sarà meno di oggi - Ricciard~tto ha citato prima Rossi Daria, poi Galasso, infine Vochting. Il passo di Rossi Daria citato da Ricciardetto si divide in due parti, storica la prima, potremmo dire politica la seconda. Nella prima parte si mette in evidenza l'importanza che ha avuto la sovrapopolazione nell'impedire cl1e l'agricoltura meridionale trovasse t1n suo equilibrio sia pure grossolano; e non sarò certo io a negare che cc una tragica contraddizione ha dominato la storia del Mezzogiorno, sostanzialmente assai povero, adatto in gran parte solo ad un'economia pastorale e pur costretto ad ospitare sulle sue terre una popolazione assai più numerosa di quanto la natura non consenta »; nego 81 · Bibiiotecaginobianco

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