Nord e Sud - anno VIII - n. 13 - gennaio 1961

sura privatistica della economicità dell'impresa nella immediata e diretta rispondenza del mercato e nella entità dei profitti, ma potranno trovare talvolta un limite diverso nella ragione d'interesse pubblico, nella economicità di quella grandissima impresa, che è l'economia nazio11ale, e nella valutazione dell'attività economica direttamente e indirettamente realizzabile in un tempo ulteriore. Non si tratta affatto, dunque, di considerare indifferente il problema della economicità, ma di svincolarla dalla rigorosa subordinazione alla ricerca del massimo lucro diretto e immediato. Praticamente, du11que, il problema si sposta. Dall'alternativa fra interventi diretti a fini pubblici e interventi diretti a fine di lucro, esclusa l'opportunità dell'assunzione di iniziative produttive destinate solo al reperimento di nuove entrate, si passa a una diversa alternativa: interventi direttamente rivolti a fini pubblici e interventi mediamente utili a fini pubblici, attraverso attività imprenditoriali privatistiche. Tale alternativa si risolve dunque nella distinzione fra le pubbliche imprese in senso stretto e le partecipazioni statali. Per quanto riguarda le partecipazioni statali, non v'è dubbio sulla 11ecessità che le gestioni aziendali siano ispirate da criteri di economicità; ma non v'è dubbio anche sul fatto che soltanto valutazioni d'interesse pubblico debbono avere valore determinante nella scelta dei settori d'intervento e quindi nell'assunzione delle partecipazioni. La situazione giuridica delle partecipazioni statali è oggi inquadrata fra due termini fondamentali: l'articolo 3 della legge 1589, che stabilisce che « le partecipazioni ..... verranno inquadrate in enti autonomi di gestione, operanti secondo criteri di economicità », e l' articolo 2247 del Codice civile, che dà la seguente definizione della società: « Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili » . Si ha dunque il criterio generico della economicità per gli enti di gestione, il fine specifico di lucro per le imprese. Senza addentrarci in questa sede in disquisizioni teoriche, possiamo rilevare che in pratica si tratta di orientarsi sui seguenti criteri. Posto che la società costituisce un ente collettivo distinto dalle persone dei soci, incluso lo Stato in quanto socio; che la società per azioni - mediante la iscrizione nel registro .delle imprese - ha una propria personalità giuridica; che l'individualità di una persona giuridica è caratterizzata anzi tutto da uno scopo, e che lo scopo della società è la realizzazione di un utile economico, criterio per l'assunzione di partecipazioni da parte dello Stato dovrà essere la possibilità di realizzare mediatamente fini di utilità collettiva mediante la partecipazione a imprese di natura privatistica, orientate al fine della realizzazione di utili economici; criterio per le gestioni dovrà essere la economicità, strumento necessario per il perseguimento del fine sociale. Posto che la economicità è la norma così per la condotta degli 63 B·biiotecaginobianco

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