Nord e Sud - anno VIII - n. 13 - gennaio 1961

dell'immediato dopoguerra (la crociano-idealistica e la marxistica) abbiano reagito, nonostante la loro innegabile maturjtà e superiorità metodologica e critica, con l'opportuna prontezza di riflessi. Fu piuttosto la cultura cattolica a reagire con interesse più vivo. D'altra parte, la nuova cultura sociologica e neo-positivistica, che avrebbe dovuto avere orecchio più sensibile e mani più esperte verso la mobile e largamente iuforme vita italiana del trascorso decennio, preferì isterilirsi per lo più in un tecnicismo che sapeva di imparaticcio, in una mortificante disciplina di passivo apprendistato, in una polemica astiosa e in parte irragionevole verso altri aspetti della cultura nazionale; e fu perciò largamente inferiore al suo compito. Non è meraviglia, quindi, se i contributi migliori alla conoscenza della società italiana nel corso di questi anni siano venuti da fonti eterogenee e talora improvvisate. Poteva essere, in un caso, la tradizione del vecchio « concretismo » salveminiano; nell'alb·o, l'attivismo cristiano, democratico e sociale di Adriano Olivetti. E la stessa operosità di questa rivista può forse essere addotta a testimonio non indegno dell'empirismo col quale si procedette nella maturazione critica degli interessi culturali che potevano più adeguatan1ente rappresentare e tradurre la dinamica veloce e sorprendente della vita nazionale. Perchè, intanto, una maturazione critica c'è stata e l'attività editoriale italiana comincia ormai a riflettere sintesi e orientamenti nuovi con ritmo sempre più rapido. Le collane di « Comunità » e de <e Il Mulino » hanno finalmente cessato di essere sole e non è il caso di ricordare qui la più recente attività, su questo terreno, di Einaudi, degli « Editori Riuniti », di Feltrinelli, dell'ESI, di Taylor, di La terza e di altri. Ma torniamo ai volumi vallecchiani de « Il Bersaglio », dai quali ci siamo allontanati per una digressione che speriamo cj sia perdonata dal lettore. E precisiamo subito che si tratta di volumi condotti, come avverte la presentazione che ne fa l'editore stesso, cc nello stile della moderna inchiesta giornalistica ». Giornalismo moderno vuol dire, in questo caso, conoscenza diretta delle cose corroborata da una solida preparazione culturale; vuol dire, cioè, uno sh·umento di conoscenza che si va facendo ormai sempre più indispensabile ad ogni studioso della realtà contemporanea. Il sociologo non si trova, da questo punto di vista, in posizione diversa dal geografo, dall'etnologo, dallo studioso del folklore e delle tradizioni popolari. Molte cose che egli non può, o addjrittura non sa, vedere, può vedere, ed è bene che veda, per lui il giornalista intelligente e colto. Egli disporrà così, per le sue successive analisi ed elaborazioni, di un materiale di prim'ordine, di cui si troverebbe ad esser privo, se ascoltasse soltanto la voce di una vieta tradizione accademica. Val sempre la pena di ricordare cl1e la cc scienza » delle cose cl1e riguardano gli uomini e le società umane non può essere fatta soltanto di classificazioni, di tabelle, di diagrammi, di carte, di definizioni; ma deve essere fatta anche e soprattutto di luci e di ombre, di toni, di intuizioni: deve, cioè, sempre mirare a ricostruire, anche e soprattutto, un' atn1osfera, un colore. La felice ricostruzione di molti di siffatti elementi è certo una delle ragioni che si posso,no addurre a lode del recente volume di Federico Orlando (L' Agricolto1·e, cc Il Bersaglio », n. 8, ed. Vallecchi, Firenze 1960). Egli ha 126 Bibiiotecaginobianco

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