Nord e Sud - anno VIII - n. 13 - gennaio 1961

Considerato alla luce della ragione, il pess1m1smo della Lutz sì riduce all'idea che non tutto il Mezzogiorno possa essere cc salvato » : un'idea che come si è detto non è affatto nuova alla letteratura meridionalistica, anche se non era mai stata presentata in termini così melo - drammatici. Correttamente interpretata, la proposta della Lutz si riduce a quella di favorire l'emigrazione per quel tanto che è necessario ad accelerare l'evoluzione del Mezzogiorno; e anche questo rappresenta un'idea che è sempre stata richiamata e sottolineata dai meridionalisti più competenti. Se presa alla lettera, dunque, la diagnosi della signora Lutz è semplicemente inaccetta 1 bile, perché no11dimostrata e non dimostrabile. Se ricondotta invece nei suoi limiti di ragionevolezza, e se spogliata della sua veste polemica, essa ripete opinioni familiari della letteratura economica meridionalista. Vi è tuttavia un'altra ragione, e più sottile, per la quale l'articolo della signora Lutz appare fuorviante, specie in quanto destinato a lettori stranieri, e quindi non versati 11eidettagli dell'economia italiana. Le critiche della Lutz, come si è accennato non si rivolgono alla politica meridionalista così come essa è stata finora attuata, ma alla idea generale di effettuare una politica di sviluppo in una regione a suo dire non suscettibile di progresso. Ella riconosce che alla base della politica attuale è stata la speranza riposta negli effetti propulsivi della spesa pubblica, speranza rivelatasi priva di fondamento. Ma questo è l'unico appunto rivolto alla politica di sviluppo seguita in Italia da l 1950 a oggi. Di conseguenza, il lettore ignaro esce dalla lettura con il saldo convincimento che il governo italiano, spinto da generosi propositi umanitari, abbia messo in pratica la migliore politica di sviluppo possibile allo stato delle conoscenze tecniche ed economiche; che gli insuccessi registrati siano da attribuirsi alla natura perversa della regione, che rende vano ogni tentativo di progresso; e che infine, se un consiglio deve essere dato, questo è di ridurre la portata degli interventi, dal momento cl1e ogni lira spesa nel Sud è una lira irrimediabilmente perduta. L'assurdità di questa impostazione risulterà cluara da quanto diremo in séguito circa la natura della politica meridionalistica attuata fino ad oggi. È inconcepibile che un economista serio possa esprimersi senza riserve su questa politica, e per di più qualificarla politica di svi - luppo, quando, come vedremo, essa è stata in buona sostanza solo una 11 Bibliotecaginobianco

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