spunti c1itici e di atteggiamenti polemici contro molti luogl1i comuni della storiografia di tipo apologetico, che il Titone attaccò con decisione; per lui, infatti, il risorgimento in Sicilia deve considerarsi come la sconfitta di un paese moralmente, e qui11di socialmente e politicamente inferiore, dinanzi alla vittoriosa avanzata di forze provenienti da un altro paese, il Piemonte, con diversa e più matura formazione sociale, e soprattutto forte di una più viva energia morale. È questa l'impostazione, che al gran pubblico dei lettori italiani è stata presentata, in veste immaginosa e con indt1bbia carica artistica, dal romanzo di un palermitano, il principe Tornasi di Lampedusa, intitolato « il Gattopardo »; ma Titone, beninteso, l'ha propugnata in termini di rigore storico, e l'ha profilata con dei tratti decisi, senza indulgere a compromessi od equivoci. Non è questa la sede adatta a discuterla; noi dobbiamo limitarci a segnalarne l'interesse; ed a riferire il più notevole degli interventi che essa provocò nella discussione, cioè quello del prof. Gaspare Ambrosini. Questi sottolineò come il 1848 segnò un punto risolutivo, anzi una vera frattura storica, per l'evoluzione della coscienza politica in Sicilia; il trapasso da una tradizione secolare di difesa dell'autonomia ad una nuova ed autenticamente rivoluzionaria vocazione italiana, non sollecitata nè costretta con l'intervento armato. Il Risorgimento in Sicilia, insomma, andrebbe visto no11già come urto di forze esterne, ma come proiezione, sul piano politico-militare d'un conflitto interno di . coscienza. Alla relazione di Titone, cui abbiamo accennato, si può ricollegare quella del prof. Francesco Brancato su cc L'amministrazione garibaldina e il plebiscito in Sicilia »; in essa, infatti, il discorso storico venne ripreso al punto in cui era stato lasciato dagli studiosi ricordati in precedenza, e cioè al 1860, quando già, con la presenza di Garibaldi nell'isola, la Sicilia era diventata Italia. Il prof. Brancato ha mostrato, nella sua diligente analisi, come l'amministrazione garibaldina, che si trovò ad affrontare problemi imponenti di ordine sociale, amministrativo e finanziario, avviò quel processo di trasformazione per cui, come dicevamo, la liberazione consistette in ben altro che in un passaggio di territorio sotto nuova bandiera; essa significò, infatti, il destarsi di nuove energie, l'avvento di un nuovo ritmo di vita politica, cl1e sconvolse l'antico ordine tradizionale, ancora legato alle sue origini fe_udali. E poichè il Congresso, dopo Palermo, trasferì la propria sede a Napoli, va qui ricordato che il significato dell'unione, non solo della Sicilia, ma di tutto il Mezzogiorno al resto d'Italia, venne illuminato dalla comunicazione cl1e fu pronunciata a Napoli dal prof. Nino Cortese; in essa lo studioso ebbe modo di mostrare in sintesi la relazione tra le idee e gli eventi, che operò, nel volgere di pochi mesi, una svolta decisiva nella storia del nostro Paese. II - L'anima dell'impresa, l'artefice primo di essa, fu naturalmente Giuseppe Garibaldi; e verrebbe quasi di dire, che fu merito non solo della personalità generosa e geniale del condottiero, ma altresì del mito che già circondava la sua figura, e che faceva di Garibaldi un perso107 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==