operazione nulla di concreto, salvo l'apparire sempre piii chiaramente come una forza conservatrice. Inoltre, il nazionalismo intrepido ed irresponsabile di molti suoi rappresentanti, i quali credevano a questo modo di pagare il dovuto tributo alle tradizioni risorgimentali del partito e di rinverdìrle, depotenziava ulteriormente l'adesione retorica ad una politica di fedeltà occidentalistica e di integrazione europea. E quando, dopo la breve pausa della riunificazione, il PLI apparve un partito conservatore più moderno e responsabile, intervennero altri e più potenti interessi a rallentare ed a frenare la sua adesione alle posizioni federalistiche. Si potrebbe dire paradossalmente che solo quando le grandi concentrazioni industriali furono sicure di non avere nulla da temere dall'integrazione economica dell'Europa occidentale, il nuovo partito liberale divenne meno freddamente europeista : ma in quel momento il periodo politico era già mutato in Europa e l'adesione liberale non servì più a nulla. Questo disegno potrà apparire troppo schen2atico o addirittura contraddetto dal fatto che proprio un uomo del PLI aveva la direzione politica estera del paese al momento del cosiddetto rilancio europeistico di Messina. Pure, a noi non sembra che ciò sia in contraddizione con quanto abbiamo appena detto: poichè in quel caso non vi fu alcuna iniziativa liberale e la stessa Conferenza di Messina sarebbe stata destinata a restare una mera proclamazione di principi, se non fossero intervenuti altri fatti, ed in primo luogo l'azione tenace di Jean Monnet e del suo Comitato per gli Stati Uniti d'Europa. Certo, anche tra i liberali vi furono uomini di ardente fede federalistica (ma i più uscirono dal partito con la scissione della sinistra), uomini che partecipavano .di quel gruppo la cui composizione si è di sopra illustrata; ma il partito nel suo complesso fu inerte ed inetto, opaco e scarsamente reattivo, fedele sempre ad un'ideologia conservatrice, che era~ ovviamente, agli antipodi con l'autentico spirito federalistico. Tuttavia, per singolare che ciò possa sembrare, il Partito Liberale Italiano fu migliore del suo confratello tedesco, che fu tra i più risoluti avversari della politica europeistica del Cancelliere Adenauer e difensore accanito della tesi della priorità del problema dell'unificazione su ogni altra questione, e perfino sull'allineamento della Repubblica Federale di Bonn con l'Occidente. Qui le tradizioni nazionalistiche del liberalismo tedesco del periodo posteriore alla rivoluzione del 1848, le tradizioni cosiddette liberal-nazionali del partito, i ricordi della sua collaborazione per l'edificazione del Reich autoritario bismarckiano, si confondevano con l'avversione al partito cristiano-democratico, colpe56 Bibliotecaginobianco
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