Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

colare a distinguere l'idea di nazione dal nazionalismo e soprattutto ad intendere lo stato nazionale non già come un'entità metafisica, sì, invece, come un dato storico, da considerare non solo nella sua positività, ma altresì nei suoi limiti. Che nei meno dotati e guardinghi questa sensibilità critica si trasformasse in una snobistica accettazione di un cosmopolitismo d'accatto, corrivo a disprezzare tutto ciò che era 'nazionale', o addirittura in un velleitario processo al passato storico del paese, non toglie che i benefici di essa furono di gran lunga superiori ai danni. Poichè grazie ali'attitudine a distinguere criticamente ed a pensare storicamente tutti questi problemi la cultura italiana, o la parte migliore e preponderante di essa, non solo salvò l'anima, evitando di immolare l'idea di libertà sull'altare di qualla nazionalità, ma anche ebbe un ruolo politico considerevole 11ello' pposizione al fascismo prima, e poi nel dibattito ideologico-politico degli anni successivi alla caduta del fascismo. Chi non tenga conto di ciò difficilmente intende come e perchè le più intransigenti posizioni federalistiche siano state tenute, dal '45 ad oggi, proprio da gruppi la cui provenienza dalla lotta antifascista o da una precisa matrice culturale erano preparazione alla polemica per il superamento, sul piano politico o su quello culturale, degli schemi nazionalistici. Certamente, ai motivi ideologici e politici che abbiamo indicati se ne aggiungevano altri, ed innanzi tutto la coscienza maturata, nell'esilio, in molti uomini dell'antifascismo, che la libertà avrebbe vinto in Europa solo con la sconfitta del nazionalismo, che si configurava come l'ultima trincea di difesa delle tendenze autoritarie; e poi la consapevolezza raggiunta da altri, che fossero all'estero o nelle patrie prigioni conta poco, che il socialismo era invecchiato e sclerotizzato, incapace di rinnovarsi e di affrontare i nuovi compiti storici che i tempi imponevano. Pure, il fatto fondamentale che distingue l'Italia dalla Francia sul piano culturale è stato proprio che la cultura italiana era riuscita a vaccinarsi da sè dalla tentazione nazionalistica ed aveva anzi, in tempi oscuri della storia del paese, difeso { valori universalistici, che rappresentavano, per così dire, la naturale base per quella revisione politica delle tradizionali nozioni sulla nazione come entità politica autosufficiente, che il federalismo avrebbe avviato. Lo stesso neutralismo di osservanza non comunista ha potuto, bensì, a volte tentare di far leva su motivazioni nazionalistiche; ma non è mai stato capace di smantellare gli argini che erano stati costruiti; il fontismo degli intellettuali ha avuto da noi motivazioni diverse da quelle che ha avuto, in·_moltissimi casi, in Francia. L'importanza di un fatto del genere si 53 Bibliotecaginobianco

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