Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

continente »; e sO1)rattutto l'unica possibilità per la democrazia « cli ristabilire il suo controllo su quei Leviatani impazziti e scatenati che erano ormai gli stati nazionali europei, poichè lo stato federale avrebbe impedito loro di diventare strumenti di oppressione e sarebbe stato da essi impedito di diventarlo a sua volta ». Ci sia lecito osservare, di passata, che ad una siffatta visione del problema si poteva rimJJroverare con qualcl1e apparenza di verità un carattere no11meno ideologjco di quello dei program1ni e delle concezioni partiticl1e; mera ideologia, infatti, poteva sembrare tanta fìdt1cia 11elle forme istituzionali, tanta attesa di una radicale rinascita deJJo spirito liberale europeo da t1n loro mutamento. Ma era obiezione più speciosa che sostanziale. La lotta politica è tutta quanta t1na lotta per mutare (o mantenere) le istituzioni vecchie, per crearne di nuove (o impedirne la creazione), per dare (o togliere) ad esse efficac~a funzionale. Le istituzioni hanno valore strumentale, ma grandissimo: pongono e tolgono ostacoli alle volontà collettive. In questo caso, se l'ostacolo da elilninare prima d'ogni altro 1Jerchè si avesse un libero sviluppo della volontà democratica era l'angustia del1o spazio e della realtà nazionale (e tutta la storia st1ccessiva pare confermarlo), non c'è dubbio che 1·1 visione di Spinelli fosse la più lucida. A torto, dunque, la maggior parte dei compagni di fede democratica ed antifascistica si mostrava tiepida verso il suo 1Jrogramma di Stati Uniti di Europa e più incline a risolvere la lotta per la democrazia nell'ambito degli stati. Non cl1e apparisse ai più spregevole o inaccettabile un processo unificativo euro1)eo: solo cl1e non. lo ritenevano l'obiettivo più urgente. In tal modo, anzi che se ne rendessero conto, sopportavano il peso delle tradizioni politiche europee. Ma Spinelli nel l)rogramma federativo aveva trovato la sua strada e la sua vocazione. Poteva ora accettare fino all' estreme conseguenze la convinzione democratica· cui lo avevano l)Ortato le sue meditazioni e che si riassumeva nell'esigenza d'im11iegare il 1Jotere al servizio della libertà, senza però rifiutare la lezione di realismo politico venutagli dal comunismo, cioè la consapevolezza cl1e la lotta politica è sempre lotta per il potere. Cominciava così, nel carcere stesso, la sua vera azione politica col cercare di avviare - già tra gH ottocento confinati di Ventotene - « t111 1novimento politico cl1e mostrasse l'insufficienza e i pericoli delle restaurazioni democratjche nazionali e si proponesse di organizzare un'azione per l'unificazione federale europea». La seconda guerra mondiale, punto estremo della crisi, era già cominciata. Pocliissimi tra i confinati furono disposti a seguirlo per questa via. Comunque, sempre a Ventotene, Spinelli stese con Ernesto Rossi un cc Manifesto » federalista. Era il 1941. Altri saggi e scritti europeistici egli scrisse in quegli anni, e procurò di diffondere clandestina1nente tra gli antifascisti. Venne il 1 uglio del '43. Nell'agosto .successivo - pochi giorni dopo la sua liberazione - Spinelli fu tra i fondatori del Nfovimento Federalista Europeo in Italia. Gli eventi si susseguivano; l'occupazione tedesca, la guerra partigiana; l'attività federalistica di Spinelli 23.1 Bibliotecaginobianco

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