Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

la barbarie non può essere messa da parte co11un semplice ritorno al passato e che il signor Settembrini è bensì nobile sempre, ma spesso anche in difficoltà dinnanzi agli argomenti del più cupo irraziona'lismo contemporaneo. Scrivendo nei terribili anni che precedettero la seconda guerra mondiale e poi durante quella stessa immane esperienza, << quando un popolo dopo l'altro » sembrava che tutta· l'Europa stesse per inabissarsi nelle tenebre e soltanto la Svizzera difendesse uno stile di vita altrove scomparso, era più cl1e logico che il passato e. il presente tendessero a dissociarsi, quasi come il bene e il male, e ch,e il Kaegi fosse preso dalla· logica di quella contrapposizione. E tuttavia, qt1esta giustificazione non è che un modo di ammettere il fatto rilevato più su; perchè in quella contrapposizione, che si nota nelle stie pagine (anche se mai in forme esplicite), si esprime un'immediatezza di sentimenti, certo nobilissima, ma non sufficientemente superata e disposta in una prospettiva critica'. Cl1i legga altri docume11ti della migliore letteratura europea di quegli annj, avvertirà un tono diverso, una preoccupazione tanto più profonda quanto più rivolta verso il futuro; e nel senso non solo di un'incertezza materiale di risultati, ma altresì della necessità di più prof onde revisioni culturali. E questo è, salvo errore, il limite del saggio più celebre (almeno in Italia) di questa raccolta di meditazioni storiche, il saggio su Il piccolo stato nel pensiero europeo. Si tratta di uno scritto magistrale, condotto con estrema perizia e con grande rigore scientifico, ampio nel disegno generale ma1 assai minuto, all'occorrenza, nell'analisi dei testi : uno scritto cl1e da solo basta a misurare la statura di questo storico svizzero. Il Kaegi traccia rapidamente la storia di questo tipico concetto europeo, dal Machiavelli (opportunamente ricordato per certi luoghi dei Discorsi) e dal Montesquieu fino al Burckhardt, con le cui parole cupe e sconsolate l'indagine si chiude qt1asi bruscamente. E tra Montesquieu e Burckhardt (senza purtroppo ricordare Kant nei cui scritti politici si trovano osservazioni e nodi problematici assai interessanti, anche da questo punto di vista del « Kleinstaat »), il Kaegi ha modo di soffermarsi più o meno rapidamente su Sismondi e su Carlo Cattaneo, su Heeren e su Haller, su Tocqueville e su Bluntschli, per non dire che di alcuni personaggi del grande dramma di cui il Kaegi traccia le linee essenziali. Certo su ognuno di questi punti il lettore potrebbe essere indotto a tentare ricerche ulteriori, ad aggiungere qualche nuova osservazione, talvolta a precisare o a sfumare; e del resto, le pagine dello storico svizzero contengono ad ogni passo impliciti inviti a continuare o ad estendere l'indagine. Co,sì, per fare un solo esempio, le pagine dedicate al Droysen andrebbero forse riprese e integrate; perchè il Droysen non è arrivato in un giorno a◄lle conclusioni che il Kaegi riassume, e la migliore sto-riografìa europea ha sottolineato da tempo la· complessità della sua evoluzione. Analogamente, non direi che le pagine iniziali sul Montesquieu, pur così attente e precise, diano un'idea adeguata della intensità con la quale l'autore dell'Esprit des 200 · Bibliotecaginobianco

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