di sangue, il che fa della nostra vita qualcosa di infernale , assisteremo a questi spettacoli soltanto quando essi si verificheranno molto vicino a noi, il che pure avviene abbastanza raramente. Invece d i essere condannati a un perpetuo lutto, come accade ora che siamo costretti a non rimanere insensibili alla morte degli altri, saremo libe ri di godere i piaceri della vita, sperimentando il dolore della morte sol tanto quando la morte ci colpirà da vicino, il che è ancora una volta qualcosa che accade solo raramente » (p. 217,. e cfr. pp. 324-25). Si spiega quindi come, sotto l'ossessione di simjli complessi , il Kohr partecipi anche di quel singolare idoleggiamento della c iviltà medievale che da tempq è di moda tra gli intellettuali amer icani di 110n troppo solido sistema nervoso. cc Un tranquillo sistema di vita, col suo senso di religiosità, la squisita delicatezza dei costumi, il rispetto delle regole di compitezza e gerarchia, col suo concetto del giu sto prezzo e del giusto salario, col suo dispregio dell'interesse, e infine col suo lento sistema· di produzione ... » (pp. 104-5). Anche i conflitti, a quei tempi, erano inoffensivi: cc Durante il Medio Evo, la guerra divampava in ogni angolo dell'Europa, quasi ogni giorno, ma si trattava di pi ccoli conflitti che avevano conseguenze trascurabili, perchè gli Stati ch e li combattevano erano piccoli e dotati di modeste risorse » (p. 129). « La realtà è che l'oscuro Medio Evo, sotto molti aspetti, ed anche dal punto di vista delle guerre, era un'età più progredita della nostra , così piena di desideri di pace e di persone pronte a criticare affretta tamente l' arretratezza medioevale » (p. 131). Al di sotto di tali stravaganze storiografiche, non si può negare, comunque, che il Kohr avverta l'unico problema serio, sottostante a questo suo vago e disparato idoleggiamento delle piccol e comunità: cioè quel problema che un comunitario olivettiano chiamerebbe della cc dimensione umana », o della « misura dell'uomo ». Gli stati, dice il Kohr, « essendo crea•zioni umane che non hanno nulla di sovrann aturale, devono avere dimensioni conformi alla statura dell'uo1no » (p. 168 n. : è forse qui la ragione per cui il suo libro è stato tr adotto nelle Edizioni di Comunità?). Altrettanto giustificata è la sua dif esa del principio dell'equilibrio dei poteri, contro quei politici che inv ece aspirano semplicemente all'unità: cc In realtà, quello che essi auspicano, sia pure involontariamente, è lo squilibrjo, giacchè la sola alternat iva all'equilibrio è la mancanza di equilibrio, e non l'unità (p. 173). Sorprende tuttavia che egli dica, subito dopo, che « uno rischia di essere considerato irresponsa·bile o demente, o l'una co~a e l'altra, se a rdisce sottolineare l'opportunità di un· equilibrio di poteri». La dott rina costituzionale americana non è forse tutta basata sull'idea della balance of powers? Anche qui, evidentemente, considerazioni dj politica est era e considerazioni di poli tic~ interna si confondono nella vision e del Kohr: e quel che soprattutto la confonde è il continuo giuoco dj approssimazione, per cui si ha quasi sempre l'impressione di trova rsi di fronte a mezze verità. 187 • Bibliotecaginobianr.o
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