Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

fi110 al punto cl1e ne sarebbero compromesse le ragioni stesse dell'auspicata integrazione europea. Le quali invece risulterebbero confermate ed esaltate qualora' vi fosse un serio concorso degli organi- comunitari alla soluzione dei problemi nazio-nali di sviluppo economico, qualora Francia e Italia venissero messe di fro·nte alla constatazione che l'integrazione europea soltanto può consentire di risolvere i problemi di aménagement du territoire della piccola Et1ropa; che anzi, per poter risolvere questi problemi, si deve spingere sempre più avanti il processo di integrazione, anche sul piai10 politico. È a questo che si deve tendere, a questa dimostrazio11e e a questa consapevolezza. E perciò si deve dire francamente che il rodaggio degli strumenti finora predisposti per una politica regionale di sviluppo da parte della Comunità europea, la Banca degli Investimenti e il Fondo socia'le, è stato troppo lungo e laborioso; e non sembra ancora ultimato. Occorre potenziare questi strumenti e soprattutto occorre usarli. • Come si è visto vi sono ragioni diverse e tutte importanti che hanno fi11ora agito nel senso di provocare una non equilibrata distribuzione delle popolazioni e degli investimenti nell'ambito della piccola Europa. D'altra parte abbiamo visto pure che si tratta di ragioni che possono essere annullate in tutto o in parte, o perché rese anacronisticl1e dal pro·gresso tecnologico, o· percl1è soggette alla manovra dei fattori agglomerativi, o infine perché rovesciabili in conseguenza dei primi effetti di una coerente politica regionale di sviluppo. Lo squilibrio fra migrazioni di manodopera e spostamenti di capita'le verso le regioni dove riserve di manodopera so-no disponibili, in loco o a distanze ravvicinate, può e deve essere corretto, quindi; e lo si potrà correggere se si avranno strumenti adeguati a disposizione, non solo per le politiche nazionali di sviluppo regionale, ma anche per una politica comunitaria cl1e, come ha detto recentemente Marjolin, sia una politica « dirigistica » fondata su « un piano di priorità » : naturalmente, ha detto ancora Marjolin, « al primo posto si trovano certe regioni come l'Italia meridionale e la Francia del Sud-Ovest». Per quanto riguarda l'Europa, l'era dei sixties sarà quindi dominata proprio da questa esigenza·, dall'esigenza di modificare le ragioni che finora hanno impedito l' « equidistribuzio11e degli investimenti » e hanno dato luogo a squilibri e a fenomeni patologici per quanto concerne la distribuzione regionale delle popolazioni, i rapporti fra città e campagna, l'esodo rurale e. l'urbanesimo. Non si deve credere, però, che si considerano negativamente le 180 Bibliotecaginobianco

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