Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

• nel quadro del generale sviluppo economico; le nuove politiche agrarie nazionali; le lunghe trattative per il mercato comune. Di queste vicende la prima è di gran lunga la più importante. Dato, tuttavia, che le altre due si sono in massima parte sviluppate in relazione non alle nuove, ma alle vecchie situazioni, conviene dare ad esse la precedenza. Demolite le restrizioni del periodo bellico, arrestata l'inflazione, superata anche la· cosidetta crisi coreana, intorno al 1950 l'agricoltura europea si trovò di nuovo davanti i tradizionali segni della crisi agraria: la flessione e la instabilità dei prezzi agricoli, il distacco crescente tra redditi agricoli ed extraagricoli, l'indebitamento delle aziende, il massiccio esodo rurale. Non c'è, pertanto, da stupirsi se, nello spazio di pochi anni, i governi di tutti i paesi si sono trovati nella necessità di adottare nuove e più organiche politiche in difesa dell'agricoltura. Opportuno è, invece notare che queste politiche hanno potuto acquistare una coerente consistenza ed organicità solo nei paesi dell'Europa occidentale a forte struttura industria·le con agricoltura organizzata e progredita 9 • Solo queste, infatti, disponevano della forza economica e politica sufficienti a perseguire con successo i due fondamentali obiettivi di quelle politiche: 1) il progresso tecnologico e il riordinamento strutturale delle imprese col fine della riduzione dei costi di produzione e di un conseguente elevamento dei redditi agricoli; 2) la stabilizzazione dei prezzi agricoli a livelli tali da mantenere quanto più è possibile la parità tra redditi agricoli ed extra agricoli. elementari necessità della famiglia rurale riservando alla vendita solo qualche piccola eccedenza. Queste aziende nascondono, perciò, una eccedenza strutturale di mano d'opera inutilizzata, che si esprime talvolta nella diretta mancanza di occupazione dei coltivatori per una notevole parte dell'anno e talvolta nell'esecuzione di lavori di scarsissima produttività o nella adozione di metodi culturali molto più attivi di quelli in uso nelle aziende che non presentano una tale eccedenza ». 9 Questi sono, da un lato, i paesi scandinavi (Finlandia, Svezia, Norvegia e Danimarca) e, dall'altro, i paesi nord-occidentali (Austria, Svizzera, Germania Occidentale, Francia, Belgio, Olanda e Regno Unito). I paesi dell'Europa meridionale - tra i· quali il nostro, che sotto altri riguardi potrebbe essere considerato nell'altro gruppo - hanno continuato, infatti, a camminare lungo le vecchie strade, ricorrendo, cioè, alle tradizionali limitazioni delle importazioni, a una serie incoerente di provvedimenti di emergenza o a qualche residuo delle regolamentazioni del tempo di guerra. Per questa - e per altre ragioni che saranno in seguito esposte - non ci occupiamo, in queste « Considerazioni », dell'Europa meridionale e quindi dell'Italia> ma solo dei paesi dell'Europa Nord-occidentale. 150 Bibliotecaginobianco

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