in confini ragionevoli, perfino sacrificarli, a vantaggio degli altri, quando è necessario; e rendersi conto che l'utilità propria coincide, a lungo andare, con quello della collettività alla quale si appartiene. Senza un minimo di disinteresse, non si fa nulla di serio. Senza un'ispirazione ideale, si fa spesso carriera, ma non si possono servire i fini collettivi, il bene pubblico. Per fortuna, c'è a Bruxelles, e anche a Lussemburgo, un piccolo nucleo di funzionari che crede in quello che fa, e vorrebbe andare più avanti. I più intelligenti sono certamente i francesi, quasi tutti allevati da Jean Monnet (al quale Giordano stesso era molto legato). La loro superiorità intellettuale, che è anche un frutto dell'educazione ricevuta nelle grandi scuole e università francesi, ha impresso un certo fervore di iniziativa e di lavoro almeno nei gradini più elevati delle gerarchie europee. Ma gli altri cinque Paesi hanno dato un contributo che non può essere trascurato, sebbene non sia della stessa qualità. I migliori, fra gli italiani, non occupano le cariche più alte, cioè quelle che, secondo il disegno troppo ambizioso dei fondatori, dovrebbero equivalere ad altrettanti portafogli ministeriali. Potevamo mandare Guido Carli che sarebbe stato eletto presidente della Commissione economica (Mercato Comune). Il nostro governo non volle. Avevamo a Bruxelles Git1seppe Petrilli, molto apprezzato per la sua competenza in materia sociale. Lo abbiamo richiamato in Italia per dargli la presidenza del~'I.R.I. In complesso, la nostra rappresentanza ai vertici delle tre organizzazioni è assai inferiore a quella che potrebbe essere, anche tenendo conto del mediocre livello della nostra classe politica e amministrativa. Migliori, sebbene siano quasi confusi nella folla dei ricercatori di posti, alcuni alti funzionari italiani, che sono in certo n1odo cresciuti insieme alle comunità, le hanno viste nascere, ne hanno seguito la buona e la cattiva fortuna. In loro è avvenuta quella coincidenza di interessi personali e generali, che a noi sembra indispensabile per il successo di qualunque impresa umana. Che cosa chiediamo a un diplomatico europeo? Prima di tutto, di non essere un diplomatico nel significato tradizionale della parola, cioè di esserlo in un senso nuovo. La diplomazia è sorta per la rappresentanza degli Stati, per la loro difesa ed espansione: quasi un'avanguardia degli eserciti e delle flotte. Il patriottismo era, ed è ancora, il suo fondamento ideale; la politica internazionale, il suo terreno d'azione; la trattativa, il suo strumento. Nei limiti di questi termi11i molto generali la diplomazia è stata leale e sleale, aggressiva e pacifica, minacciosa e 99 Bibliotecaginobianco. I •
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