Nord e Sud - anno VII - n. 10 - novembre 1960

è che l'economia industriale del Settentrione compete sui mercati mondiali con le economie di vecchia industrializzazione; la concorrenza si fa più aspra e l'accelerazione del MEC, le altre prospettive di integra-. zione richiedono continui e massicci investimenti. D'altra paTte il mercato interno del Centro-Nord è caratterizzato da una domanda di beni di consumo in espansione, che può essere mantenuta e stimolata attraverso gli aumenti salariali; e ciò costituisce una garanzia sicura per il proseguimento e il mantenimento di un elevato ritmo di sviluppo, anche se dovessero verificarsi cedimenti all'export sui mercati esteri. Di conseguenza, gli sforzi finanziari - si afferma - vanno accentrati nel Nord, che è in grado di assorbire una larga· parte della disoccupazione del Sud e di trascinare il Mezzogion10 nella sua scia, accelerandone lo sviluppo « naturale ». La politica meridionalistica dovrebbe pertanto limitarsi a completare le infrastrutture e a creare quelle condizioni generali d'ambiente senza le quali l'iniziativa privata non può intervenire o può intervenire solo in misura limitata; vanno pertanto ridimensionate in tal senso le spese· pubbliche. In base agli interessi effettivi del Sud si deve. affermare invece che, malgrado l'indubbio progresso conseguito grazie ai pubblici interventi, i risultati raggiunti lasciano alquanto a desiderare; che lo sviluppo è limitato ad alcune isole; che l'accelerazione del' MEC e l'accresduta concorrenza internazionale nel settore dei prodotti agricoli pongono all'agricoltura problemi gravissimi; che lo squilibrio tra Nord e Sud, malgrado i massicci interventi effettuati, è· ancora notevole e forse è addirittura' destinato ad accrescersi; che non sono state seguite le indicazioni dello schema Vanoni. Di qui un'altra' alternativa anch'essa chiara e netta: si respinge lo sviluppo <r naturale » e si postula « una politioa che acceleri volontaristicamente il processo di sviluppo soprattutto nel campo della industrializzazione e si richiede allo Stato un impegno ancora più intenso di quello previsto dagli stTumenti di intervento finora impiegati ». La' discussione che è seguita a questa prima relazione ha dimostrato la ferma convinzione dei tecnici e d~i politici che soltanto la seconda alternativa può far sperare nell'avvio a soluzione del problema meridionale. Anche il ministro Pastore, d'altra parte, è ritornato più volte sull' aTgomento. Riferendosi in modo particolare alla funzione degli enti creati per realizzare la politica meridionalistica, egli ha sostenuto che « i problemi rimasti aperti imponanno per il futuro, cioè per 77 • BibliotecaGino Bianco

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